Il paesaggio pugliese è costellato da antiche e suggestive costruzioni in pietra bianca dalle linee essenziali, brunite dalle intemperie e dal tempo, talvolta solo ammassi disordinati di pietra, altre volte accenni di torri e fortificazioni, quel che resta a testimonianza di una ricca e varia tipologia posta alla base dell’organizzazione produttiva, agricolo e pastorale del territorio: masserie fortificate nell’entroterra, con caratteristiche “garitte” ovvero torrette saettiere e talvolta piccole cappelle private, circondate da alti muri a secco; torri di avvistamento lungo la costa.

Oggi in quasi tutti i casi giacciono in uno stato di silente e rovinoso abbandono, ma senza aver perso la forte presenza scenica e di connotazione fisica del territorio, quasi fossero elementi scultorei, in un tutt’uno con la terra da cui si innalzano.

 

Queste architetture attraggono per la loro potenza formale e architettonica, per la stereometria pura e il senso di quiete che si respira visitandole, per lo sguardo sopraelevato che offrono sulla brulla e arsa campagna, o sull’estensione del mare.

La loro essenza è in un certo senso resa ancora più pregnante dalla mancanza di mobilio, infissi, porte o vetri, dal loro essere nuda architettura, spazi puri che si aprono sul paesaggio e che fanno entrare il paesaggio al loro interno.

 

Il tempo, l’erosione, l’abbandono hanno aperto in questi spazi squarci inconsueti e inusuali, viste trasversali che la luce solare modula e fa vibrare, cambiandone continuamente il disegno e consentendo letture di volta in volta differenti.

Interni che diventano esterni, spazi scanditi da pareti verticali, lame che sembrano sfidare il cielo, esterni che si riflettono come ombre cinesi all’interno.