induscapes#4
 
 
 
Sgl Carbon - Ascoli Piceno - Italy
 
 
Arrivando ad Ascoli Piceno attraverso l’antica via Salaria la visuale è come se si dilatasse: prima, attraverso le strette gole scavate nelle ere geologiche dal fiume Tronto, solo le alte pareti di roccia calcarea, poi, d’improvviso, lo spazio si allarga e si comincia a scorgere il verde caratteristico delle colline marchigiane e lì in mezzo incastrata sul largo terrazzo formatosi alla confluenza tra il fiume Tronto e il torrente Castellano, quella che potrebbe sembrare un cardio pulsante ed  André Gide considerava la più bella tra le piccole città italiane. Ascoli con il suo centro storico, le sue ariose piazze, le sue strette “rue” medievali, le sue cento torri, totalmente in contrasto con queste armonie architettoniche, ecco, a ridosso delle antiche mura, le ciminiere del mastodonte industriale SGL Carbon con cui la città convive da più di un secolo.
 
 
 
 
 
In verità la denominazione di questa industria è cambiata più volte, da Sice, a Carburo, ad Elettrocarbonium ed infine SGL Carbon, nomi ancora tutti in uso tra gli abitanti di Ascoli che se ne servono, come fossero sinonimi, per riferirsi a quella fabbrica che, nel bene e nel male, ha rappresentato un elemento rilevante della vita economica e sociale di questa città.
La storia degli stabilimenti S.G.L. Carbon in Italia ha inizio il 15 marzo 1897, quando un gruppo di imprenditori danno vita alla Società Italiana dei Forni Elettrici.  I prodotti più significativi commercializzati a quel tempo sono gli elettrodi per la fabbricazione del carburo di calcio ed una gamma di materiali cosiddetti “minuti” quali spazzole di carbone, utilizzati come contatti elettrici nei motori e nelle dinamo, i carboni per contatti delle pile, gli speciali carboni a bacchetta, utilizzati nei proiettori cinematografici e nei proiettori militari. 
La produzione negli anni del dopoguerra è imperniata quasi esclusivamente su elettrodi continui e discontinui per forni a carburo di calcio; alcune partite di catodi destinati all’elettrolisi dell’alluminio completamente rifiniti a macchina; rivestimenti per altoforno e forni elettrici destinati al solo mercato interno; alcune migliaia di tonnellate di anodi destinate anch’essi alla produzione dell’alluminio. 
Lo stabilimento di Ascoli Piceno avvia una prima ed importante svolta tecnologica, tra la fine degli anni ‘60 ed i primi anni ‘70, con la costruzione e messa a punto di un nuovo sistema di formatura, innovativo rispetto al passato, grazie alle capacità ed alla creatività dei tecnici interni; il nuovo impianto consente di ottenere elettrodi di carbone amorfo di grandi dimensioni e la loro produzione si concentra e si sviluppa ad Ascoli Piceno. 
Dagli anni ‘80 si ha uno sviluppo costante dell’attività della Società, che arriva a contare un organico di circa 900 unità, con un fatturato che supera i 40 miliardi di lire/anno; sono gli anni della massima espansione, con importanti successi sia sul piano quantitativo che qualitativo della produzione: l’utilizzo di materie prime sempre più pregiate e con caratteristiche controllate e definite, assieme all’applicazione di tecnologie
sempre più all’avanguardia, ha permesso lo sviluppo dei forni di elettrici ad arco per la produzione dell’acciaio. 
Quando nel ’92 subentra SGL Carbon il livello occupazionale si attestava sulle 600 unità. Con il manifestarsi di difficoltà crescenti del settore nonostante gli investimenti qualificanti dell’azienda, peraltro in un periodo in cui si ha la cessazione dei benefici derivanti dalla ‘Cassa per le opere straordinarie di pubblico interesse nell’Italia meridionale’, una delle fasi più acute si è avuta a seguito del sequestro di alcuni forni da parte della magistratura avvenuto nel giugno 1994, fase in cui prende maggior forza la minaccia di chiusura dello stabilimento e l’azienda decide la messa in mobilità di circa 150 dipendenti. 
Le relazioni sindacali soprattutto dal periodo di ripresa dell’attività sindacale di massa nel settore industriale, cioè dalla metà degli anni ‘60 in poi, si esplicano con i tassi di sindacalizzazione presso l’Elettrocarbonium sempre molto al di sopra della media del comparto industriale della provincia. Una percentuale alta di iscritti e una struttura organizzativa solida hanno sempre rappresentato una roccaforte per le organizzazioni sindacali confederali che già prima delle tutele garantiste dello Statuto dei Lavoratori (1970), hanno assicurato un elevato livello di contrattazione aziendale. 
Va detto che le condizioni di lavoro erano durissime: lavoro gravoso, pesante, insalubre, usurante a cui le tecnologie potevano fare ben poco per migliorarlo: non a caso nessuna donna è stata mai presente nel ciclo di produzione (i lavoratori, per lo più provenivano dalle zone agricole circostanti), condizioni di lavoro assimilabili in tutto e per tutto a quelle della metallurgia. 
Fin dai primi mesi dell’85 la fabbrica inizia a lavorare con un procedimento di impregnazione e distillazione a caldo che è definito di ‘Trattamento Termico’: si tratta del processo di cottura della pece.
Nel luglio 1986, il Ministero della Sanità invia un documento in cui si afferma, a proposito degli IPA, che “l'unico livello ‘sicuro’ che presenti un rischio zero è un’esposizione zero”. 
 
Lo stabilimento di Ascoli Piceno forniva il 40% della produzione mondiale di silicio metallico, oltre a produrre catodi, rivestimenti per altiforni e pasta elettrodica, per un totale complessivo di 51.450 tonnellate di prodotto l’anno. I prodotti di scarto di tale lavorazione sono IPA (Idrocarburi Policiclici Aromatici), tra cui il benzene il benzo(a)pirene, il fenantrene, l’antracene, il fluorene, il pirene. 
 
Nel maggio ’96 viene emessa una sentenza del Pretore di Ascoli Piceno che condanna il Direttore dello Stabilimento al pagamento di una multa di Lire 1.900.000, per non aver adottato tutte le misure in grado di evitare un peggioramento delle emissioni inquinanti sprigionate dai forni nel periodo ottobre-dicembre 1994. 
 
Nel mese di Gennaio 2002 viene presentata ai Ministri dell’Ambiente, della Sanità e dell’Industria un’interrogazione parlamentare in cui si chiede che l’area SGL Carbon venga bonificata ed inserita tra le zone ad alto rischio di crisi ambientale. 
Successivamente è un susseguirsi di ristrutturazioni aziendali, talvolta con misure di mobilità in accompagnamento alla pensione, fino a giungere all’accordo del dicembre 2007, in base al quale si procede alla definizione di un piano per il ricollocamento delle ultime 30 maestranze, congiuntamente ad altre prima impegnate nell’indotto dei servizi, nel Consorzio Sviluppo Futuro di Latina al fine del loro coinvolgimento nella prospettata attività di bonifica. 
Sempre nel dicembre 2007 lo stabilimento SGL Carbon di Ascoli Piceno entra nella fase conclusiva della sua definitiva dismissione. 
il futuro potrebbe essere qui:
 
http://www.pstmarche.it/attivita/sviluppo-del-territorio/piano-di-riconversione-area-sgl-carbon/
 
Testi  Mariella Aquilani 2011
 
Fotografie Pierclaudio Duranti 2014  Copyright   01/02/2014
 
induscapes#4
Published:

induscapes#4

the dismissed SGL CARBON Ascoli's plants

Published:

Creative Fields