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Nel sogno dell'Uramaki

Nel sogno dell'Uramaki
Racconto breve.
7.02.11. Lunedì.
“Il sogno di un uramaki è quello di essere inzuppato in una ciotola di soia e wasabi”. 
Questo ho pensato mentre passeggiavo davanti al negozio di un tale che da quando gli è morta la moglie ha deciso di diventare un supereroe. 
“Hei giustiziere, secondo te il cibo è sexy?” mi chiese l’edicolante non appena svoltato l’angolo.
“Playboy pubblica regolarmente articoli su asparagi e banane e porri e zucchine. O sull’essere spalmati di gelato alla stracciatella” risposi.
“Ecco. Allora vieni a ritirare il tuo pranzo, sciagurato”.
Il lunedì terminato il giro dell’isolato ritiro sempre la mia rivista preferita. E nella vita, faccio il poliziotto.

7.02.11. Lunedì.
“Il sogno di un uramaki è quello di essere inzuppato in una ciotola di soia e wasabi”. 
Questo ho pensato, mentre aspettavo nell’auto scassata che l’agente si allontanasse dal negozio di giocattoli. Aveva la tipica faccia da sbirro, quella impenetrabile con l’espressione stanca di difensore della giustizia scoraggiato.
3,2,1 fuoco.
Vetrina distrutta, proiettili ben piantati in mezzo agli occhi di cinque peluche da 19,90 euro.
Vittime: 0.
Il lunedì è il giorno in cui incasso di più. Sono uno scagnozzo, un cecchino, e non sbaglio mai un colpo.

7.02.11. Lunedì.
“Il sogno di un uramaki è quello di essere inzuppato in una ciotola di soia e wasabi”. 
Questo ho pensato, mentre stavo per addentarne uno seduto sul divano. Me lo ricordo bene. Come ricordo perfettamente la distanza delle bacchette dalle mie labbra, la salivazione imbarazzante e la sensazione di immortalità quando è suonato il telefono.
“Siiii?”
“Davide, è successo un casino. Devi venire al negozio immediatamente”
“Cos’è successo? Di nuovo loro?” chiesi mentre infilavo lemani tremanti nelle tasche dei pantaloni cercando le chiavi dell’auto.
“Non lo so, penso di si. La polizia ti sta aspettando”
Il lunedì è il mio giorno di riposo. Sono il gestore di un negozio di giocattoli del centro di Catania. 
E non pago il pizzo.

09.02.11. Mercoledì.
Da qualche mese lavoro in un sushi bar. Mi chiamano Mr. Uramaki per la velocità con cui preparo questi deliziosi involtini di pesce e riso.
Oggi il lavoro va un po’ a rilento. Fuori piove e il centro di Catania è spoglio come un beniamino in autunno. Ne approfitto per dare una veloce occhiata all’inserto di Catania Oggi. Un’altra sparatoria al negozio di giocattoli, a quel poveretto non manca poi molto, penso mentre il primo cliente della giornata varca la soglia del ristorante.
E’ un omone in divisa, sulla quarantina. Accenna un saluto e, con fare annoiato, si accomoda vicino all’ingresso del ristorante - Ord.1“Uramaki 10 pz con salsa di soia e wasabi”.
Mentre mi dirigo al bancone di lavoro una leggera brezza mi colpisce il collo nudo. Si comincia, un secondo cliente.
Il ragazzino si muove nella sala come un fantasma. Indossa una maglietta estiva un po’ stropicciata e un pantalone slavato, entrambi in toni diversi di grigio. Si siede a lato di una delle colonne adiacenti al guardaroba e mi chiama con una timida alzata di braccio.
“Desidera?”
“Menu 2-Uramaki 10 pz con salsa di soia e wasabi”.
Detto, fatto.
Termino in tempi record i due piatti e li consegno ai tavoli 2 e 7.
Il cigolio della porta di ingresso rapisce la mia attenzione mentre mi allontano dal tavolo del giovane. E’ il terzo cliente della giornata. Appoggia un impermeabile fradicio all’ingresso e con gli occhi lucidi si avvicina al bancone del bar.
“Uramaki in salsa di soia e wasabi” dice con un filo di voce tremolante.
L’uomo ha un volto conosciuto ma non riesco ad associare il ricordo al presente.
Alla radio passano un vecchio pezzo di Edith Piaf, 
“il mefais tourner la tétè…”
e penso che tra meno di due ore la mia Lei varcherà la soglia leggiadra e sorridente tramortendomi con il suo sguardo divino. Lei è così…
”Cazzo!” qualcosa mi è schizzato nell’occhio, lo strofino rapidamente con lo straccio bagnato. Rosso, sangue.. “Ma cosa diavolo…”
L’uomo seduto al bancone del bar è immobile, accasciato sul piatto appena servito. Non c’è reazione, solo gocce di sangue che si espandono sulla carta di giornale, formando in pochi secondi una lago carminio. 
“Aiuto! Chiamate la polizia cazzo!” 
Cerco con lo sguardo il ragazzino del tavolo 7. 
Scomparso. 
La porta spalancata sbatte rumorosamente come impossessata da vento e pioggia. L’uomo in divisa balbetta come un adolescente “Io-io…gli ha tagliato la la gola ed è fuggito quel maledetto…”

17.02.11. Oggi.
Mi chiamano Mr. Uramaki. E da quando hanno ucciso quell’uomo nel sushi bar dove lavoro, la notte non chiudo occhio pensando a quando verranno a barattare la mia vita in cambio del pizzo.







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