Partendo dalla definizione del dizionario di accessibilità emerge che quest’ultima è facoltà o possibilità, che al giorno d’oggi però è vista come un diritto. Facciamo un salto indietro nel tempo per capire a pieno il mondo complesso dell’accessibilità. 1989. In Germania crolla il muro di Berlino, in Italia crolla quello dell’indifferenza. Con la promulgazione della legge n. 13/89 integrata con il Decreto ministeriale n. 236/89 si parla per la prima volta di accessibilità, di persone affette da disagi fisici, ma soprattutto si eliminano le cosiddette barriere architettoniche. Le barriere architettoniche non sono solo ostacoli architettonici capaci di ridurre la mobilità e l’autonomia di una persona, ma si intende anche la carenza di segnalazione per un buon orientamento e/o riconoscibilità dei luoghi. Gli spazi sono stati progettati per l’uomo dall’uomo e quindi dovrebbero essere facilmente utilizzabili da chiunque. Dovrebbero essere realizzati e attrezzati in modo intelligente e politicamente corretti. Spostando l’attenzione verso l’accessibilità dei beni si parla invece di piacere: pensiamo ad un concerto del proprio cantante preferito. Chi non si diverte ad un concerto? Dunque, si può definire che l’ascolto di un concerto rientra nella fruizione di una cosa bella. Si tratta di un diritto da parte di tutti ad usufruire di quei luoghi o spazi caratterizzati dalla Bellezza. Per godere della Bellezza bisogna prima di tutto poterci arrivare. Un aspetto tanto ovvio quanto quasi sempre trascurato. E quindi: come si fa a raggiungere la bellezza se si è impossibilitati a farlo tramite le cosiddette barriere architettoniche? Bisogna tener conto che tutti noi abbiamo diverse esigenze, diverse abilità, diverse competenze. Si può parlare di ambiente accessibile quando è adatto a tutti, non solo ai disabili motori o sensoriali, ma ad esempio anche alla mamma con il passeggino e alla signora con il carrello del supermercato. Si è sempre utilizzato come parametro della progettazione architettonica ed urbana, la persona adulta, in buone condizioni di salute, che rappresenta però solo una parte dell’umanità. Bisogna studiare nuovi schemi tipologici che coinvolgano la diversità umana. 
Secondo le definizioni che abbiamo appena elencato si può sostenere che l’accessibilità si propone come un requisito fondamentale che sta a monte dell’idea progettuale perché le persone vivono in spazi progettati e costruiti per essere fruiti. Bisogna individuare il complesso degli elementi che consentano di avvicinarsi il più possibile al concetto di autonomia, di autosufficienza e conseguentemente di uguaglianza tra i cittadini. Finora abbiamo parlato solamente di accessibilità puramente fisica legata all’applicazione dei minimi imposti dalla normativa. Ma l’accessibilità deve guardare anche l’inclusività. Dunque una struttura pubblica accessibile va intesa come un’integrazione di un numero più ampio possibile di persone, con particolare attenzione per quelle categorie che per vari motivi risultano svantaggiate. Si parla di parametri economici, sociali, culturali, linguistici, e ancora una volta di motivi di salute o fisici, o di età oppure ancora di situazioni temporanee. Non si fa solo riferimento alle cosiddette barriere architettoniche, ma bensì si punta a potenziare il comfort ambientale di ognuno di noi. Ma come si può creare uno spazio fruibile per tutti generalizzando un concetto così tanto specifico? Ad esempio facendo un focus sulle disabilità intellettive si nota come esistono diverse manifestazione con differenti punti di forza e di debolezza: nella Sindrome di Down la memoria visiva è migliore di quella verbale, viceversa nella sindrome di Williams. 
Ciò comporta notevoli difficoltà nel tentare di definire dei criteri progettuali valevoli per tutti garantendo piena accessibilità degli spazi e che rispondano adeguatamente ai criteri di sicurezza. Esiste in Italia una struttura organizzativa volta a progettare sistemi e prodotti accessibili a chiunque che prende il nome di Design for All Italia. Secondo DfA Italia si può realizzare una struttura accessibile attraverso il raggiungimento di tre obiettivi: 1. bisogna rispondere all’evoluzione della diversità umana; 2. deve essere accessibile; 3. deve essere conveniente per tutti nella società da utilizzare. Secondo i tre principi appena elencati dunque si può dedurre che una struttura accessibile si rivolge ad un target di persone quanto più ampio possibile con particolare attenzione alle diverse e molteplici esigenze in continuo cambiamento e  deve essere accessibile architettonicamente parlando e dunque fruibile da chiunque. L’accessibilità deve sicuramente essere considerata non in maniera statica e ferma nel tempo, ma, al contrario, come una sorta di affascinante “work in progress” che, con l’aiuto della fantasia e della flessibilità, si adegui continuamente alle nuove esigenze individuate, anche utilizzando al meglio il rapido evolversi delle tecnologie. La disciplina in argomento interessa, in maniera trasversale, numerose materie di studio attinenti alla progettazione e alla realizzazione di tutto ciò che attiene al territorio: dai piani urbanistici alle sistemazioni ambientali, dai piani urbani del traffico alle sistemazione delle aree verdi, dalla composizione architettonica al restauro dell’esistente, dall’organizzazione di manifestazioni, spettacoli ed attività culturali e ricreative all’architettura degli interni. Al giorno d’oggi il tema dell’accessibilità è in continuo evolversi. Per troppo tempo si è pensato che il concetto delle “barriere architettoniche” fosse legato solo alle persone con disabilità motoria e che dovesse essere affrontato solo nell’ambito delle strutture edilizie. Man mano si sta ampliando il punto di riferimento, coinvolgendo le molteplici sfaccettature delle persone. Il concetto di inclusione apre così un nuovo processo di rivoluzione culturale dove vi è uguale riconoscimento al fine di stabilire delle regole per un migliore funzionamento della società civile.

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