Vucciria: Wikipedia ti dirà che deriva dal francese boucherie, macelleria, e non a caso le macellerie – che qui chiamano carnezzerie – sono ovunque, a ogni angolo di strada, come le chiese. Vucciria, non a caso, è il nome che ha scelto di darsi il cuore di Palermo. Ecco, se vuoi farti un’idea di cosa significhi questa città – una città maledetta e sfrontata – ti basta fare un giro al mercato della Vucciria. Ti basta perlustrare questo budello di vicoli che s’attorcigliano dietro alle vetrine e ai palazzoni signorili del centro, ti basta guardare le facce dei venditori ambulanti – facce che non troverai da nessun’altra parte –, ti basta anche solo respirare. Perché qui è l’olfatto, prima di ogni altro senso, a suggerirti dove dirigere lo sguardo, a indicarti la direzione dei passi. L’aroma speziato delle panelle, i miasmi delle stigghiole che sfrigolano sulla brace costringendoti a trattenere il respiro, il fetore dei pescispada e delle alalunghe sventrate il cui sangue finisce per ristagnare sulle balate di pietra bollente. E in mezzo a tutto questo, l’odore rivoltante della mievusa – delle interiora di vitello bollite e poi fritte nella sugna. L’unico rivenditore autorizzato di tutta la Vucciria è Rocky, il reuccio incontrastato degli ambulanti, la camicia azzurra aperta sul petto e un crocifisso d’oro legato al collo. Il suo trono è un banchetto di plastica, il solo a cui è concesso l’onore di occupare il centro di Piazza Caracciolo. L’unico che non ha bisogno di abbaniare per vendere la sua merce. Al cospetto di Rocky, tutti gli altri sono comparse. Ci sono i mennulari nei loro grembiuli che fingono d’essere stati bianchi, ci sono le donne – anziane soprattutto – che ti inseguono con lo sguardo come a volerti braccare, ci sono bambini in calzoncini corti che giocano a rincorrersi dietro i banchi e lungo i marciapiedi, ci sono tunisini, marocchini, magrebini –, perché qui la globalizzazione è arrivata prima che altrove e non ha mai spaventato nessuno. Una volta che avrai visto e respirato questo miscuglio di facce e colori e miasmi, ti renderai conto che la Vucciria oggi mette soprattutto tristezza. È una coreografia di cartapesta, il palcoscenico di una commedia che si trascina sempre più stancamente e ormai attira solo i flash dei turisti. Se solo provi ad alzare lo sguardo, oltre i teloni cerati che occupano quasi ogni centimetro di cielo, vedrai il volto di una città sventrata, tumefatta, agonizzante. Balconi arrugginiti che potrebbero cascare giù da un momento all’altro. Facciate annerite e scartavetrate dal tempo, esposte senza imbarazzo agli occhi dei passanti. Spazzatura e macerie ovunque. Eccola Palermo, città maledetta e sfrontata, in tutto il suo miserabile splendore.
Photo Credits: Angelo Trapani
Vucciria!
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Un omaggio. Un ritorno.

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