Al portatore d’arte, statisticamente asociale, non interessa.
Vive solo per il suo materiale interiore, per esso raccoglie in sè impressioni, se le tira dentro, così profondamente
dentro di sè fino a toccare il suo materiale, sommuoverlo e provocare delle scariche. Poco interessa l’azione in
superficie: egli è freddo, il materiale va tenuto freddo, egli deve dare forma ai sentimenti, alle ebbrezze a cui gli altri
possono umanamente abbandonarsi, e ciò significa indurirli, raffreddarli, conferire stabilità a ciò che è molle.
Guardiamo il cammino percorso fin qui. Un cammino lungo millenni: tutta l’umanità vive di alcuni autoincontri, ma
chi incontra se stesso? Solo pochi. E sempre in solitudine.
L’arte non migliora, ma fa qualche cosa di più decisivo: modifica.
Può trattarsi di un’essenza che non migliora l’esistenza del singolo uomo ma lo intensifica e lo potenzia. Non ha
ripercussioni sulla storia, se è arte pura, non ha ripercussioni terapeutiche e pedagogiche, agisce in altro modo:
annulla il tempo e la storia, la sua azione si esercita sui geni, sulla massa ereditaria, sulla sostanza – un lungo
cammino all’interno.
L’arte suscita un torrente laddove tutto era indurito e torpido e stanco, un torrente che resta confuso e
incomprensibile ma diffonde germi su rive ridotte a deserto, germi di felicità e germi di dolore. L’essenza dell’arte è
perfezione e fascinazione: dove vivono a sufficienza sostanze di passione, natura ed esperienza tragica.
incomprensibile ma diffonde germi su rive ridotte a deserto, germi di felicità e germi di dolore. L’essenza dell’arte è
perfezione e fascinazione: dove vivono a sufficienza sostanze di passione, natura ed esperienza tragica.