Nel vero amore è l’anima che abbraccia il corpo
Nietzsche

Che cosa proveremmo se fossimo messi di fronte ad un potentissimo strumento di comunicazione, svuotato del suo significato primigenio, depauperato della sua funzione vitale e ridecodificato con un nuovo codice visivo? È questo che succede nelle opere di Danilo Pavone. I suoi punti di vista, i suoi sguardi rappresentano dei topoi convergenti verso una visione personale, intima, introspettiva, in cui il dato oggettivo della stessa visione viene fagocitato e rinasce in nuovo involucro di pellicola fotografica che sa di catarsi, di purificatio. Non dobbiamo pensare ai volti di Broken potraits come ad un puro esercizio di stile, in cui l’arte del ritratto si manifesta in tutta la sua sapienza compositiva. La tecnica in Pavone si assoggetta, invece, alle logiche d’indagine che interessano il corpo, il viso e l’essere in quanto creatura, per espandersi nelle organismi architettonici, nelle ampie e avvolgenti volte che non tradiscono la necessità primigenia di un coinvolgimento, di un’istanza ontologica al dialogo ma, al contrario, si amplificano a dismisura estendendosi negli involucri viventi di pietra. Le cesure applicate alle sue bocche, non negano l’evidente intenzione che è consustanziale al ritratto - prima e più autentica forma di contatto -, in cui letture simboliche, funzioni antropologiche e idealizzazioni non abdicano di fronte a tale presenza. La lettura spezzata genera realmente un momentaneo corto circuito, rispetto ad una fruizione integrale delle immagini, ma non preclude, altresì, la possibilità di fruirne nel loro potentissimo insieme. Ossevandole, infatti, si ha come l’impressione di essere sopraffatti dalla forza di un magnete catalizzante che coinvolge lo spettatore, attirandolo verso un nuovo sistema interpretativo. Su queste dialettiche si definisce il percorso di ricerca di Danilo Pavone, che nella società postmoderna in cui l’utilizzo dell’immagine è sfuggito di mano – creando una progressiva anestetizzazione sensoriale -, ritorna con le sue opere a riappropriarsi di una perduta dignità fenomenica. L’amore che trasuda dai pori, dalla barba, dalle piccole fessure delle labbra, non è più lontano e astratto, ma ritorna ad essere carnale, concreto, liquido. In fondo quella di Danilo Pavone è un’intensa dichiarazione d’amore per la vita in tutti i suoi aspetti, in tutte le sue architetture organiche e disorganiche: infinitesimamente piccole, come il poro di un epidermide e logicamente grandi come la porzione di un affresco che trascende se stesso per divenire, ancora una volta, pelle, superficie da indagare. Così, gli splendori del Barocco italiano, il fascino delle architetture, la luce abbagliante degli ori, il candore degli stucchi, l’intensità delle cromie pittoriche sono ritratti abilmente dall’obiettivo di Danilo Pavone, non solo fotografo ma artista di spessore. La sua educazione visiva lo porta a reinterpretare luoghi e monumenti importanti della memoria collettiva, restituendone l’alto valore sacrale e culturale. Le immagini sembrano avvolgere lo spettatore in un processo di astrazione e di elevazione, fino a giungere ad un’estasi contemplativa, che stordisce, travolge ed emoziona. Il ritmo degli spazi concavi e convessi e gli straordinari affreschi trasformano le volte delle Chiese in uno scenografico tableau vivant, a cui Danilo dona luce e quella giusta prospettiva, indispensabile per apprezzare i capolavori dell’arte. Vanishing Spiritual Points è, quindi, un lavoro complesso e raffinato che gioca sulla dicotomia tra “oggetto/soggetto nell’anamorfosi dello spazio e della vita”. Le parole del fotografo e i suoi scatti raccontano di un’esistenza tormentata, dibattuta tra Amor Sacro e Amor Profano, alla ricerca di una dimensione interiore, che nel mondo contemporaneo si fatica a cogliere quotidianamente. Solo chi ha la sensibilità adeguata può ancora riscoprire dei valori e le opere di Danilo ce ne forniscono testimonianza diretta e preziosa.

L’artista  vive e lavora tra l’Italia e il Portogallo. Ha studiato scenografia all’Accademia di Belle Arti di Bologna e si è specializzato nella  fotografia fine art e immersiva. Attualmente collabora con il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e, in particolare, con l’Istituto per i Beni Archeologici e Monumentali (IBAM) e l’Ufficio Diocesano per i Beni Culturali di Catania.

Aurelia Nicolisi e Marilisa Yolanda Spironello
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