PREFAZIONE di Claudio Ferrata
Qualche decennio fa non avremmo potuto immaginare che una diga potesse essere considerata come un paesaggio. Infatti, dal Rinascimento in poi, il termine paesaggio qualifica luoghi dotati di particolari qualità estetiche come i giardini storici, le campagne bucoliche o panorami particolarmente attrattivi. Ma oggi, a 15 anni dall’introduzione della Convenzione europea del paesaggio, questo concetto ha ampliato i suoi contenuti e ha assunto nuovi significati. Il paesaggio viene definito dalla Convenzione come “una determinata parte di territorio così come è percepita dalle popolazioni” (articolo 1) e riguarda “sia i paesaggi che possono essere considerati come eccezionali, sia i paesaggi della vita quotidiana e i paesaggi degradati” (articolo 2) inglobando così anche spazi che fino a pochi decenni orsono avremmo definito brutti e poco interessanti. Quindi, oggi, anche una diga con tutto ciò che le sta attorno, può essere considerata a pieno titolo come un paesaggio.
Soprattutto a partire dagli anni ’60 del secolo scorso, queste grandi opere per la produzione di idroelettricità hanno trasformato la montagna alpina. Ma cosa significa considerare una diga come un paesaggio?
Per ottenere energia idroelettrica deve esistere un importante dislivello tra il bacino di accumulazione e le turbine che trasformano l’energia idrica in elettricità consumabile. Anche se la diga deve interpretare le condizioni dell’ambiente (potenzialità di accumulo delle acque, stabilità dei versanti, ecc.), il manufatto incide la valle e si impone in modo autoritario sul paesaggio. I paesaggi dell’idroelettricità non si limitano però alle dighe. Oltre alla diga e al relativo al bacino, vi sono centrali, sale di comando, condotte e canali, stazioni di trasformazione, piloni metallici dell’articolato sistema di distribuzione dell’energia, vie di accesso, funicolari o teleferiche.
Ma parlando dei “paesaggi dell’idroelettricità” si potrebbero evocare anche altri aspetti e altre letture. Secondo una certa visione ambientalista, i bacini idroelettrici sono stati considerati come l’esemplificazione dell’aggressività di un certo modello di società e dell’intervento dannoso dell’uomo sull’ambiente alpino. Ma le dighe possono anche essere considerate come strumenti di produzione di energia pulita e come via all’autonomia energetica del paese. Quasi assumendo connotazioni nazionalistiche, in Svizzera hanno anche testimoniato dello spirito di innovazione e delle capacità tecniche del paese. Addirittura gli impianti hanno dato origine a forme di turismo originali, come testimonia ad esempio la pubblicazione di una apposita guida. Insomma, ai nostri giorni le dighe non sono più un oggetto estraneo collocato in certo luogo delle Alpi ma sono diventate parte dei paesaggi del nostro quotidiano.
Con la sua ricerca fotografica, e attraverso una serie di espressive immagini, Paride Dedini non ci mostra solo la prodezza tecnica e ingegneristica di questi oggetti edificati nelle montagne ma, con particolare sensibilità, interpreta la loro relazione con il “grande paesaggio”, la materialità delle strutture in cemento armato, la consistenza delle rocce, le topografie generate dalle acque dei bacini, ma pure la presenza di questi manufatti nella nostra quotidianità, anche attraverso nuovi usi ludici che non sono certamente quelli per i quali questi oggetti erano stati costruiti.
FOREWORD by Claudio Ferrata
A few decades ago we could not imagine that a dam could be considered as a landscape. In fact, since the Renaissance, the term landscape qualifies places with special aesthetic qualities such as historical gardens, bucolic countrysides or particularly attractive landscapes. But today, 15 years after the introduction of the European Landscape Convention, this concept has expanded its connotations and took on new meanings. The landscape is defined by the Convention as "an area whose character is the result of the action and interaction of natural and/or human factors" (Article 1) and concerns "landscapes that may be considered outstanding as well as everyday landscapes and degraded landscapes" (Article 2) incorporating even areas that until a few decades ago would have been defined unpleasant and unattractive. So today, even a dam with everything concerning it can be fully considered as a landscape.
Especially since the 60s of the past century, these great hydroelectric power stations have transformed the Alpine landscape. But what does it mean to consider a dam as a landscape?
To obtain hydroelectric power there must be a significant gap between the reservoir of accumulation and the turbines that transform water power into electricity. Although the dam should interpret the conditions of the environment (water potential on accumulation, slope stability, etc.), the artifact affects the valley and imposes itself authoritatively on the landscape. However, these hydroelectric landscapes are not limited to the dams. In addition to the dam and its relative reservoir, you have power plants, control rooms, pipes and penstocks, transformer stations, metal pylons of an articulated power distribution system, access roads, funiculars and cable cars.
But talking about "hydroelectric landscapes" could evoke other aspects and other interpretations. Following a certain environmental point of view, the hydroelectric reservoirs are considered as the exemplification of aggressiveness of a certain model of society and the detrimental intervention of mankind on the Alpine environment. But dams can also be seen as tools of production for clean energy as well as the energetic independence of the country. Almost taking nationalistic connotations, in Switzerland, dams have also witnessed the spirit of innovation and technical expertise of the country. The plants have even given rise to new forms of tourism, as described, for instance, by the publication of a special guide. Hence, in our days the dams are no longer a foreign object placed in a certain location in the Alps but have become part of our daily life landscapes.
With his photographic research and through a series of meaningful images, Paride Dedini not only shows us the technical proficiency of these structures built in the mountains, but with particular sensitivity, he interprets their relationship with the "big picture", the materiality of reinforced concrete structures, the texture of the rocks, and the topographies generated by the rivers, but also the presence of these artifacts in our daily lives, even through new recreational uses that certainly are not those for which these objects were built.
Relatore / Supervisor
Igor Ponti
Prefazione / Preface
Claudio Ferrata
Fotografie / Photographs
Paride Dedini
Tesi di Bachelor in
Comunicazione visiva
© SUPSI 2015