Il mio rapporto con il ritratto parte da molto lontano. Sin da piccola mi soffermavo sui volti delle persone, amavo osservarle mentre non si accorgevano di me e cogliere sfumature inaspettate nei loro sguardi. La macchina fotografica dava un senso a tutto questo. Potevo passare delle ore a guardarle mentre lavoravano o svolgevano le loro azioni quotidiane e a un certo punto una luce colpiva il loro viso creando un magnifico set fotografico. Che meraviglia!
E' così che mi sono avvicinata alla fotografia da un lato e ho cominciato a nutrire curiosità verso le persone e i loro mondi dall'altro.
Oggi nei miei ritratti cerco la naturalezza e quella luce che si amalgama con gli sguardi e fa brillare gli occhi.
Ovviamente per ottenere quello che voglio bisogna avere una buona conoscenza della tecnica fotografica anche se per me non è mai stata una priorità, l'ho sempre considerata solo un mezzo per arrivare a un fine. Se poi il mezzo in questione si chiama Hasselblad H4D 40 che mi permette di cogliere perfettamente tutte le sfumature e le informazioni che non potrei avere senza una meccanica così precisa, tanto meglio. Quando ingrandisco l'immagine vedo tanti piccoli particolari, storie che devono ancora essere raccontate. Tutto questo è per me uno stimolo per nuovi progetti e approfondimenti. Attualmente dico che Hasselblad mette in mostra l'anima delle persone. E lo credo davvero.
Tralasciando però macchine fotografiche e tecnica, passo alla cosa che più mi sta a cuore quando scatto ovvero la persona che voglio ritrarre. Credo sia importante metterla a proprio agio perciò cerco di conoscerla, le racconto cose di me, la coccolo e così facendo anche lei si apre, mi racconta qualcosa del suo mondo, si rilassa. Questo permette di stabilire un contatto e leggere qualcosa che a prima vista non c'era.
Tutto ciò che viene detto resta ovviamente dentro lo studio ma in qualche modo viene impresso nell'obiettivo, rivelando l'essenza e la bellezza interiore di chi ho ritratto. Per me questa è sempre stata la piccola magia della fotografia. Testo di Laura Bessega per Pool Magazine