Claudia Guido's profile

Licenza di Tortura, 2012

L’Italia nonostante la convenzione Onu firmata 25 anni fa non ha introdotto nel proprio ordinamento il reato di tortura. Una mostra fotografica vuole ricordare le vittime di abusi da parte delle forze dell’ordine.
Federico Aldrovandi, Aldo Bianzino, Stefano Cucchi, Luciano Isidro Diaz, Michele Ferrulli, Carlo Giuliani, Stefano Gugliotta, Franco Mastrogiovanni, Riccardo Rasman, Paolo Scaroni, Giuseppe Uva.
Undici storie in venti ritratti.
 
"Uno sguardo antico inciso in un volto senza tempo e senza età. Alle spalle un orizzonte collinare nel quale immaginare torri, cavalieri, contadini, il mare e un veliero. Quella foto mi rimandava all’iconografia pittorica del rinascimento italiano, carica di suggestioni e di rimandi, il ritratto di un mondo, oltre che di un soggetto, che chiede di entrare e di farne parte a chi lo guarda.
Questo ci dicono e ci chiedono questi volti, di essere parte della loro «normalità violata», di condividere il «paesaggio incombente» che un giorno improvvisamente li ha costretti ad essere noti. Sono ritratti di persone vere che uno Stato con «licenza di tortura» ha ferito irrimediabilmente sottraendone alla vita i figli, i genitori, i fratelli."
Filippo Vendemmiati
 
Lino Aldrovandi

Ha le mani dietro la schiena, Lino, e la maglietta della salute che spunta dal colletto.
Antiche abitudini, ordine e rispetto.
Le sue mani han dovuto stringere mani, le sue braccia abbracciare e farsi abbracciare, in questi anni. Ma ora può farle tacere, lasciarle riposare. In un ritratto non serve parlare. Basta star fermi e guardare. E lui, che ha guardato nel disordine e nel disprezzo, adesso svuota gli occhi dalle lacrime e guarda dritto. Ancora una volta.
Ma ha lasciato due tasche aperte, una sopra il cuore.
 
Didascalia: Dean Buletti
Patrizia Moretti

Gli occhi scuri di Patrizia, che hanno guardato per primi in quelli di Federico, i primi in cui si sarà visto riflesso. I suoi capelli ricci e folti, adesso tenuti dietro a mostrare meglio il volto, i segni del tempo e del dolore. Quelle due piccole rughe tra le sopracciglia, venute verticali a furia di chiedersi perché. Il colletto rialzato, rosso, combattente.
Costretta, ha imparato a combattere.
Invece avrebbe preferito continuare a guardarsi riflessa negli occhi scuri di suo figlio.
 
Didascalia: Dean Buletti
Stefano Aldrovandi

Stefano, il fratello più piccolo, quello con le braccia lunghe. Quello che è diventato più grande di suo fratello maggiore.
Con la sua barbetta quasi da uomo, bambino cresciuto in fretta. E furia. Ai pantaloni bianchi forse ha pensato ancora la mamma. Ma lui intanto è già andato per il mondo, come un ragazzo qualunque. Perché Stefano è Stefano, non solo il fratello di Federico. E si ferma solo il tempo di una foto, ma è già pronto a ripartire. A lasciarci qui a pensarci suoi fratelli minori.
 
Didascalia: Dean Buletti
Rudra Bianzino

Sullo sfondo le macchie verdi e marroni della campagna umbra. Gli alberi e la terra che hanno visto nascere Rudra. Ancora un ragazzo: altissimo ma magro, sbarbato, la pelle liscia. Un ragazzo cresciuto bene, nonostante tutto o forse anche per quello: un ragazzo di cui essere orgogliosi, con il colletto del maglione tirato su, le unghie corte e perfettamente pulite. E poi le mani in tasca di chi ha deciso di restare, di chi ha tutto il tempo del mondo per aspettare. E aspetterà: di sapere come è morto suo padre – e che sia una risposta seria, per favore.
 
Didascalia: Cinzia Gubbini
Elia Bianzino

I capelli spettinati, la barba lunga: i tratti di Elia Bianzino sembrano presi da una delle foto che hanno reso pubblica l’immagine di Aldo. In un’ulteriore violenza, perché Aldo aveva scelto una vita quasi ascetica, lontano il più possibile dal “rumore”. E le sue fotografie hanno mantenuto quel riserbo. Sembrano sempre rubate.  In questa immagine, invece, siamo al “dopo”. A chi è rimasto, ed è uscito allo scoperto per chiedere giustizia. Quei capelli e quella barba adesso gridano: dovete guardarmi.
 
Didascalia: Cinzia Gubbini
Aruna Bianzino

Gli schizzi bianchi sui capelli sembrano quasi un sbaglio. Aruna Prem ha una faccia bambina e sembra debba sforzarsi per contenere un sorriso. Ma prevale un’aria seria, autorevole: è un uomo fatto, il figlio maggiore di Aldo Bianzino. Il suo viso arriva come una folata di vento, gli occhi verdi ghiaccio, su uno sfondo che pare innevato. Il rosso della giacca dà un tocco di calore. Ma a scaldare l’atmosfera è soprattutto quel mezzo sorriso, una solidità interiore più forte dei rovesci della vita.
 
Didascalia: Cinzia Gubbini
Ilaria Cucchi

Quanti piccoli fiori sui vestiti, quante piccole luci negli occhi, Ilaria. Piccoli oggetti che brillano, qua e là. Ma la luce non inganni: le sue braccia avvolte di grigio sono conserte, ancora in attesa. È una piccola signora, una bella mamma come solo una mamma può essere bella. Ma le sue piccole braccia, ancora costrette a stringere un fantasma, sono sorelle di altre braccia magre. Troppo magre di buio per abbracciare un fiore.
 
Didascalia: Dean Buletti
Luciano Isidro Diaz

Luciano Isidro Diaz, gaucho col cappello da impressionista francese, andato via dall’Argentina tanti anni fa, per poi ritrovarsela qui l’Argentina. Non quella della pampa e dei suoi amici cavalli allo stato brado, ma quella dell’operazione Condor. E di uno Stato brado dove Diaz ormai non è più il nome di un generale o di una scuola ma di una macelleria. Dove a guardarci dritto negli occhi rimangono gli occhi dolci di un cavallo e la camicia stirata con le maniche arrotolate di un gaucho addomesticato.
 
Didascalia: Dean Buletti
Domenca Ferrulli

“Gli cacciarono l’anima a forza di botte”. Domenica Ferrulli, aveva poco più di venticinque anni quando le uccisero il padre. Qualcuno, con un telefonino, ha filmato la scena fuori da quel bar di Milano. In quattro contro un cinquantenne iperteso. Quando le consegnarono il filmato non capiva le esclamazioni di chi era riuscito a girare quella scena. Le ha fatte tradurre dal rumeno. Diceva cose così: “Hai visto il cazzotto in bocca che gli danno?”. Il processo inizierà a dicembre e sarà per omicidio preterintenzionale.
 
Didascalia: Checchino Antonini
Haidi Giuliani

Il ciondolo che pende dalla maglia di Haidi è il simbolo delle Madri di Plaza de Majo. È un regalo di Hebe de Bonafini, una di loro, quando si incontrarono a Porto Alegre. Sanno entrambe chi sono gli assassini dei loro figli, nomi e cognomi e indirizzi. Ma a migliaia di donne come loro è stato negato un processo pubblico e la verità hanno provato a capovolgerla con infinite menzogne. L’unica richiesta delle Madres è il ritorno con vita e ognuna di loro ha raccolto la bandiera del figlio caduto. È il loro modo di non dimenticare e non perdonare.
 
Didascalia: Checchino Antonini
Giuliano Giuliani

Provateci voi a realizzare un film con dentro la scena vera della morte di un figlio, il vostro. Provateci voi, in sede di montaggio, a rivederla al rallentatore un’infinità di volte. E un’infinità di volte a raccontarla, a spiegarla in mille incontri in giro per l’Italia resistendo alla voglia di gridare: “Carlo torna indietro, stai attento.” Parliamone. Non è tortura anche questa?
 
Didascalia: Checchino Antonini
Elena Giuliani

Le parole restano in gola quando non hai a chi dirle. Oppure scivolano su un taccuino di notte. Finché, piano piano, non cominci a raccontare la sua storia a una bambina che cresce senza lo zio. Elena è diventata la madre della nipotina di Carlo. Raccoglie in rete la musica e le poesie dedicate a quel fratello che cercava di difendere i suoi compagni, con un estintore, dalla pistola di un carabiniere che sbucava dal lunotto di una jeep, che non doveva nemmeno essere lì.
 
Didascalia: Checchino Antonini
Stefano Gugliotta
 
Stefano ha ancora negli occhi la paura, che resta con lui anche di notte. Ha la faccia di uno degli apostoli del Vangelo di Pasolini. E la maglietta che sembra la camicia da notte di uno spaghetti western.
Ma lui è stato protagonista di un altro film, in un’altra notte. La notte degli sceriffi e dei centurioni. Quella notte che si porta ancora nello sguardo e nel naso. E anche se stamattina non si è fatto la barba, anche se ha dormito poco, si fa fotografare così, con la sua faccia. La più pulita che gli hanno lasciato.
 
Didascalia: Dean Buletti
Grazia Serra

La nipote di Franco Mastrogiovanni ha occhi grandi, una cascata di ricci neri e lucidi, un volto perfetto. Grazia Serra potrebbe posare per qualche prodotto cosmetico. Ma la pubblicità non ci ha abituato a vedere la determinazione, la forza, l’intelligenza di una giovane donna. La bellezza di Grazia decolonizza l’immaginario: le braccia conserte in segno di sfida, un’espressione interrogativa. Sembra chiedere: perché? E ancora per quanto?
 
Didascalia: Cinzia Gubbini
Maria Albina Rasman

Non ci si può abituare agli occhi di una madre che ha perso un figlio. Sono occhi che hanno visto troppo, occhi che non accettano. Maria Albina Rasman sembra sull’orlo di un altro pianto: la bocca è una cicatrice, un’indelebile piega di dolore. Su questa donna grande, le spalle e il seno di una nonna, i colori quasi non si posano. Pare essersi appena seduta, una pausa tra le faccende di casa. La luce arriva dalla finestra, lei non la guarda, il pensiero è altrove.
 
Didascalia: Cinzia Gubbini
Duilio Rasman

Sembra un nobile ritratto di Raffaello: lo sfondo di una casa borghese, e il signor Duilio Rasman immortalato di tre quarti, con il viso che guarda dritto verso l’obiettivo. Naso dritto, le basette dei capelli a incorniciare un volto fiero, l’espressione corrucciata di una persona che esige rispetto, serietà, verità. Il padre di Riccardo Rasman ha detto fin dall’inizio che quel suo figlio era stato ucciso. La Cassazione ha confermato la sentenza di condanna per i poliziotti.
 
Didascalia: Cinzia Gubbini
Giuliana Rasman

Sembra immortalata alla fine di una lunga corsa Giuliana Rasman. Un semplice maglione appoggiato sulle spalle, i capelli stretti dietro la nuca, pudicamente. Giuliana ha la faccia stanca, e sembra quasi sospirare. La stanchezza e quel pizzico di incredulità di chi vorrebbe soltanto essere lasciato in pace, e invece deve lottare per meritare giustizia e rispetto.
 
Didascalia: Cinzia Gubbini
Paolo Scaroni

Paolo Scaroni ripete da sette anni di non aver la forza di raccontare quello che gli è successo. Lo ripete con quella voce sghemba che si ritrova da allora. Lo ripete e ricambia i sorrisi di chi non smette di stargli vicino. L’hanno quasi ammazzato di botte i celerini durante una carica a freddo sulla banchina della stazione di Verona. Quando s’è svegliato dal coma ha capito che aveva perduto i ricordi dei primi vent’anni, cammina trascinando un piede e la voce. Ma continuerà a denunciare.
 
Didascalia: Cecchino Antonini
Lucia Uva

Le punte delle dita si toccano, esitano. La bocca si è appena chiusa o sta per riaprirsi a un altro sorriso contagioso. Perché Lucia è così, poche balle: non sa star ferma. Ed è contagiosa. Com’è contagiosa la morte, se a trasmetterla sono uniformi, sono camici. E il contagio è più rapido se avviene al chiuso. Per questo dal volto di Lucia emana una luce più aperta, diffusa. Una luce che non esita a toccare e scaldare il chiuso che ci contagia e che chiamiamo sicurezza.
 
Didascalia: Dean Buletti
Alberto Biggiogero

Le basette da pirata e le mani in tasca, la schiena dritta e gli occhi in giù. Alberto è la metà sopravvissuta di una banda di guasconi. Il suo sorriso e il suo pianto si son fermati prima di questa foto, come dietro una parete attraverso cui ascoltare le risate tra amici, le goliardate da ragazzi. Sapendo che non è in ospedale che van cercati il suo amico e la verità. È in altre stanze, la verità. Oltre una transenna, dietro le pareti dove si riescono ancora a sentire il sorriso e il pianto.
 
Didascalia: Dean Buletti
Licenza di Tortura, 2012
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Licenza di Tortura, 2012

Italia, 2012 Chi non conosce la Verità è uno sciocco, ma chi conoscendola, la chiama bugia, è un delinquente –B. BRECHT

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