"Per studiare il colore bisogna smettere di esser sentimentali"
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
PENSARE A COLORI
GUIDA ALL'UTILIZZO CONSAPEVOLE DEL COLORE
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
In fondo insegnare non è una questione di metodo ma di sentimento. Per questo motivo il fattore più importante è la personalità dell’insegnate. Il suo entusiasmo e la sua sollecitudine per la crescita degli studenti sono più importanti della sua preparazione. È risaputo che «l’insegnante ha sempre ragione», ma raramente questo fatto suscita rispetto o simpatia; ancor meno dimostra competenza e autorità. Ma l’insegnante di fatto ha ragione e otterà sempre maggiore fiducia se ammetterà di non sapere, di non poter decidere e, come spesso accade per il colore, di non essere in grado di operare una scelta oppure di dare un consiglio. Inoltre, saper insegnare significa saper porre giuste domande piuttosto che dare risposte errate.
 
Josef Albers, Interazione del colore
 
 
 
 
 
 
 
 
 
COVER
 
 
 
La gente non ha molta familiarità con il colore oppure ne parla ancora come se fosse qualcosa di mistico e romantico con un gusto quasi settecentesco. Il motivo di tale considerazione nasce dal fatto che il colore è sempre stato giudicato come qualcosa di ovvio e scontato. Il colore c’è, esiste! La giacca è blu, i fiori sono rossi e il cielo è azzurro. Questi concetti venivano considerati come assiomi, e per questo indiscutibili. Hegel, a proposito dell’autoevidenza sostiene che: “ciò che è noto, proprio perché è noto, non si conosce”. Poche persone, infatti, si sono poste il problema di capire le molteplici mutazioni del colore, di comprendere come gestirlo in relazione ai diversi contesti e, ancora meno persone hanno cercato di affrontare la materia dal punto di vista scientifico.
Nessuno ha mai cercato di considerare il colore come un’entità a sé, come un’essenza del tutto singolare. Il che non vuol dire sradicare totalmente il colore dal suo contesto, o non associarlo ad esempio ad una forma, ma significa studiarne ciò che vi è alla sua base.
Quanto sopra, è accentuato dalle varie dicerie. Si crede che i colori siano infiniti, questo può essere vero, ma il tutto andrebbe contestualizzato. Stiamo parlando dei colori che riusciamo a distinguere con i nostri occhi, di quelli che possono andare in stampa o di quelli visualizzabili sul monitor dei nostri computer? Non riuscire bene a discernere queste differenze, potrebbe portare la gente ad una confusione tale da condurla a fare ciò che di più semplice esista, ossia “copiare”. Questo è quanto accade nel mondo dell’illustrazione e, generalizzando nella grafica. Che vuol dire? Ognuno, non avendo una base di cromatologia, non avendo consapevolezza dell’utilizzo dei colori, tra “milioni di colori”, tra la misticità e l’ inafferrabilità del colore stesso, preferisce scopiazzare le palette altrui, non sapendo che con buone probabilità queste sono state “ispirate”, parola molto in voga in questo periodo, ad altre di artisti/illustratori/grafici già affermati.
Altra situazione abbastanza scoraggiante, è affidarsi senza cognizione di causa a mezzi automatici; mi riferisco, ad esempio, a siti che offrono servizi di abbinamenti cromatici, come Kuler,  colourlovers o addirittura alla guida colore di illustrator.
Vi pongo una domanda.
La nascita della calcolatrice viene vista, oggi, come un fattore positivo? O forse “si stava meglio quando si stava peggio”, e i calcoli venivano fatti a mente con uno sforzo maggiore, ma con un minore appiattimento intellettuale? Oggi molta gente non è più in grado di fare operazioni semplici senza la calcolatrice.
Ho fatto questo esempio per farvi capire come servizi tipo Kuler, o la guida colore di illustrator, vanno usati con consapevolezza, altrimenti, il mezzo governerà voi e non voi il mezzo. Lo strumento guida colore, ad esempio, dà per scontato diverse terminologie, come complementari divergenti, complementari divisi, controsto elevato1, e altre al quale sono associati schemi colore che poche persone conoscono. È, inoltre, molto fuorviante.
Provate a selezionare a vostra scelta un rosso. La guida colore vi darà il verde come suo complementare. Ora prendete quel verde e osservate il suo complementare. Il verde sarà cambiato e il suo complementare sarà il viola. Perché? L’avete mai notato? Il problema non è utilizzare il software ma farlo senza un minimo di conoscenza o forse proprio di coscienza.
Riccardo Falcinelli, a proposito del designer, dice che si tratta piuttosto di «diventare progettisti consapevoli», e continuando afferma che: «è nell’aspetto conoscitivo che sta la vera ricompensa del progettista, più che nel risultato impeccabile o nell’approvazione sociale». Manca, quindi, la consapevolezza. Questo elaborato vuole aiutarvi a recuperarne almeno un po’.
Altra costatazione da fare riguarda il metodo, ossia come il colore viene utilizzato nella pratica. Non abbiamo una base scientifica che liberi il colore dalla sua aura di misticità rendendolo più tangibile. Provate a chiedere ad un artista, come io ho fatto, cosa sia per lui il colore o come venga utilizzato. In media la risposta si basa su tre affermazioni fondamentali: “viene dall’interno”, “è qualcosa di spirituale”, e alla domanda: “ma non credi che nel XXI secolo si debbano capire le implicazioni del cervello sul colore, al fine di applicarlo al meglio nella pratica? La risposta è stata: “ Ma io faccio pittura, il colore è un’emozione”. In quel momento ho lasciato l’aula di cromatologia.
Ammetto che queste tre righe, seppur vere, avrei potevo non inserirle. Ma l’ho fatto per sottolineare che, come tanti pittori, anche molti illustratori parlano in questi termini o addirittura ammettono di copiare i colori visti in altre illustrazioni, senza capire il perché ne siano attratti. È qui che subentra il concetto di differenza di cui parla Falcinelli: è la consapevolezza che fa la differenza.
Qualora un’immagine, nella sua totalità, funzionasse e si decidesse di utilizzare i suoi colori, forse, non converrebbe capire il motivo di questa scelta cromatica piuttosto che copiarli o “ispirarsi” miseramente? Per quello che giornalmente vedo sembrerebbe di no.
Spezzando una lancia a favore del creativo/artista che risponde “ viene dall’interno”, Semir Zeki, ha sottolineato più volte come il primo neuroscienziato sia proprio l’artista. Si rifà nel suo libro a Mondrian, il quale ha ribadito più volte come le sue linee rette non erano casuali, ma c’era una configurazione definita serena, «priva di tensione». Zeki continua affermando che : «Quella configurazione, di cui parla Mondrian, era stata ottenuta per tentativi ed errori. Ma chi era il giudice di quella serenità? […] Proprio il suo cervello (riferito a Mondrian) decideva che alla fine era stata ottenuta la configurazione giusta». Quindi riuscire, oggi, a capire il funzionamento del cervello o le reazioni dell’occhio alla luce, può fornirci delle basi solide per utilizzare il colore.
Non pensate che, ora, ci trasformeremo in neuroscienziati o in altre figure con nomi assurdi, ma vedremo praticamente come determinate conoscenze influenzino il nostro modo di lavorare e di scegliere i colori.
Mi concentrerò su come queste nuove nozioni ci porteranno ad avere palette armoniche, ma soprattutto, immagini accattivanti ed equilibrate dal punto di vista cromatico. Ma arrivati a questo punto saremo solo a metà del percorso.
Ci hanno sempre spiegato come la luce sia alla base della percezione dei colori. La fisica, la scienza, la psicofisiologia si sono alternate per spiegarci come queste onde elettromagnetiche creassero in noi la sensazione del colore; poche persone però hanno raccontato come proprietà intrinseche ai raggi si riflettessero in caratteristiche specifiche di alcuni colori, o come determinate curve di sensibilità dei coni ci portassero a vedere alcune forme colorate più grandi rispetto ad altre.
Spero, che qualcuno ora, si stia ponendo diverse e infinite domande, tranne una: a cosa ci serve sapere tutto questo?
Qui ci viene in aiuto una frasi di Itten, scritta sul suo libro: «Se lei d’intuito, riesce a creare dei capolavori coloristici, può procedere ignorando le leggi cromatiche, ma se, ignorandole, non crea dei capolavori, deve impegnarsi nel loro studio». A questo aggiungo che, Itten non considera l’intuito la copia delle palette altrui.
A tal proposito vedremo come aumentare in noi la consapevolezza del colore. Bisogna imparare a vedere! Riuscire a distinguere  chiarezza, saturazione e tinta di base.
Terminati tutte queste riflessioni più scientifiche mi è sembrato corretto soffermarsi un attimo sui nomi dei colori. Vi ricordo che quest’anno è l’anno del pantone Radiant Orchid. Questo argomento è una questione soprattutto culturale.
Ha senso aver creato un colore, di nome orchidea raggiante, se per la gente sarà sempre violetto, o nella migliore delle ipotesi, lilla?
Spero che queste poche righe facciano nascere in voi delle domande e che le pagine che seguiranno possano rispondere almeno in parte. Ma vi ricordo che, tutte le pagine di questo mondo, non potranno sostituire lo studio dei grandi maestri o dei contemporanei illustratori che hanno posto un accento particolare sul colore.
 
 
 
 
 
INSIDE
 
 
 
 
 
 
 
 
"Se lei, d'intuito, riesce a creare dei capolavori coloristici, può procedere ignorando le leggi cromatiche. 
Ma se ignorandole non crea dei capolavori, deve impegnarsi nel loro studio."
 
Johannes Itten, Arte del colore
 
 
 
 
 
 
 
 
 
ICONE
 
 
 
 
 
 
 
INSERTI
 
 
 
Rivisitazione degli studi sul movimento oculare condotti nel secondo dopoguerra dal russo Alfred Yarbus.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
"Il colore caldo muove verso lo spettatore quello freddo se ne allontana."
 
Vasilij Kandinskij
 
 
 
 
 
 
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PENSARE A COLORI Guida all'utilizzo consapevole del colore. Indagine e ricerca personale sul colore. Da sempre il colore è considerato una var Read More

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