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Museo Geologico "G. G. Gemellaro" - www.pmocard.it

 
La Storia
 Il Museo Geologico "Giorgio Gemmellaro ", Sezione del Dipartimento di Geologia e Geodesia della Universita' degli Studi di Palermo, costituisce una delle piu' prestigiose istituzioni museali della citta' di Palermo e uno tra i principali musei geologici e paleontologici italiani.
 
La storia del Museo inizia nel 1838 con la chiamata di Pietro Calcara  (1819-1854) prima quale conservatore sostituto del Museo e quindi, nel 1843, Professore di storia naturale.
Cosi' il Duca Federico di Lancia nel suo elogio di Pietro Calcara (1854) descrive il Museo:
 Una affastellata e monca congerie di produzioni naturali ereditata dall'antica Accademia avea titolo di gabinetto, cui l'abate Cancilla dalla cattedra che sin oggi accoppia tutto cio' che natura riguarda tranne la Botanica, segregatane con savio intendimento dal vicere' Caracciolo nel 1789, reco' verun lume con le sue informi aggiunzioni; accrebbela Scina' nel 1832 colle ossa fossili di Maredolce e di Billiemi, poscia Pacini colla serie di vaghissimi cristalli di zolfo e di salgemma, e la raccolta dell'abate Ferrara che fu pure acquistata e annessavi. Tanta farragine in arbitrarii modi disposta e senza terminologia moderna egli imprese con ardua fatica a riordinare da me collaborato, e ne pubblico' l'elenco della parte che l'orittognosia comprende, col sistema d'Omaliu d'Halloy
L'opera di Calcara, che non si limito' soltanto al riordino del Museo, e' da considerare il primo vero passo verso una scientifica sistemazione e divisione di collezioni, le piu' eterogenee. A quel tempo, infatti, nel gabinetto di storia naturale del Calcara erano conservate collezioni mineralogiche, geologiche, paleontologiche e zoologiche. Questa convivenza, che ricalcava la visione di naturalismo di quei tempi, duro' fino al 1860.
L'Universita' di Palermo, dopo la caduta del Regno delle due Sicilie, si allineava con tutte le altre universita' italiane e comprendeva cinque facolta'. In particolare le facolta' di Scienze fisiche e matematiche, in quell'anno memorabile per la storia e soprattutto per la storia della Scienza, istituiva la cattedra di zoologia, ricoperta fino al 1862 per incarico dal Barone
Porcari, e nominava GAETANO GIORGIO GEMMELLARO professore ordinario di Geologia e Mineralogia.
Si delineava quindi la nuova tendenza alla settorializzazione delle Scienze naturali, ormai necessaria per le accresciute conoscenze nelle varie branche. Ma di vera divisione si potra' parlare solo con la creazione dell'Istituto e Museo di Zoologia nel 1913, e con la scissione della Mineralogia dalla Geologia, nel 1911, e con i relativi spostamenti di collezioni.
Dopo il 1913, nella primitiva sede del Gabinetto di Storia Naturale, presso la casa dei Padri Teatini in via Maqueda (oggi sede della Facolta' di Giurisprudenza), rimaneva soltanto il Museo Geologico che l'impegno, la volonta' e le ricerche diGAETANO GIORGIO GEMMELLARO avevano trasformato in uno dei Musei Geo-Paleontologici piu' prestigiosi d'Europa.
Gemmellaro, che fu direttore dell'Istituto ininterrottamente fino al 1904 e fu anche Magnifico Rettore dell'Universita' degli Studi di Palermo dal 1874 al 1876 e dal 1880 al 1883, continuo' l'attivita' di  riordino e ampliamento della collezione  di rocce e fossili del Gabinetto di Geologia, e, grazie ad un lascito di 1.000 onze che il conte Cesare Airoldi Arrigoni aveva destinato  al Gabinetto di storia naturale insieme alle sue collezioni geologiche e mineralogiche, arricchi' il museo di numerose collezioni, frutto di intelligenti acquisti ma anche della sua infaticabile opera di studioso e di ricercatore; ad egli si deve, tra l'altro, la scoperta e lo studio dell'eccezionale sito fossilifero della Valle del Sosio, risalente al Permiano (circa 240 milioni di anni fa).
Il Gemmellaro, quindi, utilizzando questo cospicuo lascito, inizio' una serie di intelligenti acquisti per costruire e ordinare una corposa serie stratigrafica che rappresentasse i piu' tipici giacimenti italiani e stranieri del Paleozoico inferiore fino a tutto il Terziario. Nacque cosi' la Collezione Paleozoica Generale costituita da circa 12.000 esemplari.
 
Da segnalare:
        Brachiopodi di tutte le eta' geologiche,
        Fossili paleozoici degli Stati Uniti,
        Graptoliti del Siluriano,
        Molluschi e Brachiopodi del Bajociano di Bayeux,
        Molluschi dell'Eocene del bacino di Parigi e del Miocene del bacino  di Bordeaux,
        Fossili del Miocene di Tortona e dell'Appennino modenese,
        Fossili del Pliocene del piacentino, del modenese e del Piemonte.
 
A quei tempi l'applicazione della Paleontologia alla Stratigrafia era scienza nuova e ilGEMMELLARO, cresciuto in una famiglia di naturalisti (suo padre Carlo per molti anni professore di Geologia e Mineralogia dell'Ateneo catanese, centro di grandi fermenti scientifici nei primi decenni dell'ottocento), era vissuto a stretto contatto con i piu' illustri scienziati italiani e stranieri, come Cuvier, Lyell, Pareto e Scacchi, spesso ospiti nella sua casa di Nicolosi a quattro passi dall'Etna. Nel 1868 egli inizio' la sua frenetica attivita' scientifica in una regione ricchissima di situazioni particolari e mai studiate prima. Le sue fortunate ricerche gli permisero di raccogliere nel Museo una massa veramente ingente di fossili che ricostruisce il nucleo di una Collezione Stratigrafica Regionale che continuo' ad essere arricchita dalle ricerche dei vari studiosi, che dopo di lui si sono avvicendati presso l'Istituto di Geologia di Palermo.
Ma non e' tutto. I risultati da lui conseguiti in Stratigrafia servirono anche come base principale per le suddivisioni adottate nel rilevamento geologico della Sicilia eseguito, sotto la sua alta direzione, dal 1877 al 1881, dagli ingegneri del Corpo Reale delle Miniere con in testa Luigi Baldacci. Questo lavoro, che si puo' considerare la base sulla quale si sono mossi tutti gli studi geologia seguenti, e' documentato da una magnifica Collezione Petrografia Siciliana costituita da più di 2.200 campioni di rocce fra cui:
 
        Rocce sedimentarie della Sicilia,
        Collezione petrografica dell'Etna,
        Collezione di rocce vulcaniche della Sicilia e delle isole adiacenti,
        Rocce basaltiche dei vulcani estinti di Sicilia.
 
Il Museo, ubicato nella sede storica dell'Universita', la Casa dei Padri Teatini, viveva una stagione felice e, pur non disponendo di spazi adeguati, aveva tuttavia una collocazione dignitosa in un vasto salone espositivo i cui arredi (bacheche, vetrine, armadi), in pino-pece, contribuivano ad accrescere il valore dei gia' prestigiosi reperti in essi custoditi.
 
Ma dopo la morte di GEMMELLARO il Museo cresce soltanto per la gran quantita' di materiali che vanno ad accumularsi nei polverosi locali di via Maqueda. Sono materiali di altissimo interesse scientifico frutto delle ricerche del personale dell'Istituto di Geologia, ma il Museo puo' considerarsi ormai un magazzino e riesce a soddisfare solo una delle tre funzioni tipiche di un museo scientifico: la conservazione.
Purtroppo giorni bui si andavano preparando per il Museo; prima i danni subiti durante il terremoto del marzo 1941, poi i bombardamenti del 1943, che danneggiarono in parte l’edificio e alcune collezioni, infine  un generale disinteresse delle istituzioni accademiche, fino ad arrivare al 1965 quando, per far fronte alle esigenze di spazio per la collocazione delle nuove segreterie studenti, l'Istituto di Geologia venne trasferito in fatiscenti e angusti locali in corso Calatafimi e i reperti del museo vennero frettolosamente imballati in casse accatastate in depositi di fortuna; lo splendido salone espositivo venne smontato e gli arredi distrutti.
 
A questa miope opera di vera e propria distruzione di un patrimonio di immenso valore storico e scientifico non fu certamente estraneo quel clima di oblio, in cui l'emergere di nuovi settori di ricerca scientifica,  aveva relegato le piu' classiche discipline delle scienze naturali e fra queste la museologia tradizionale.
Con il trasferimento dell'Istituto di Geologia nella attuale sede di corso Tukory 131, avvenuto nel 1970, e con la nomina nel 1975 di Enzo Burgio a conservatore del Museo, si gettano le basi per una rinascita del Museo. Infatti l'intero piano terra dell'edificio di corso Tukory viene destinato al Museo, esso comprende un vasto salone espositivo che consentira' il riallestimento della sezione ostensiva.
 
Ma e' soprattutto l'opera infaticabile di Enzo Burgio che consente il miracolo; paleontologo di grande spessore, Burgio affronta questo incarico con il rigore dello scienziato e con  l'entusiasmo del cultore appassionato.
Con il fattivo contributo della direzione e di tutto il personale dell'Istituto di Geologia (diventato nel frattempo Dipartimento di Geologia e Geodesia),  nel 1985 il Museo, che viene a costituire una sezione del Dipartimento, riapre i battenti con l'inaugurazione del salone espositivo ove si sviluppa un percorso museale che mostra cronologicamente l'origine e le forme di vita che si sono succedute attraverso le quattro ere geologiche nell'area della Sicilia.  Lo spazio consente l'esposizione di appena l'uno per cento dell'enorme quantita' di reperti custoditi, ma e' sufficiente a permettere una esposizione didattica che possa essere compresa da studenti di scuole di ogni ordine e grado.
Il Museo viene intitolato al suo fondatore Gaetano Giorgio Gemmellaro, quasi a voler sottolineare questa seconda fase di rinascita.
 
Ma l'attivita' del museo non si limita alla sola ostensione dei reperti ed alle visite guidate; esso continua a svolgere la sua funzione di museo scientifico, le collezioni sono nuovamente tutte ordinate e accessibili, frequentato da studiosi di tutto il mondo che vengono qui per studio e confronto delle collezioni (il museo custodisce oltre un migliaio di olotipi), e inizia un'attivita' di organizzazione e  partecipazione a  numerose mostre itineranti e stanziali, venendo a costituire un punto di riferimento nel panorama culturale non solamente palermitano ma dell'intera isola.
Fulcro e volano di tutto cio' e' Enzo Burgio, che alle eccellenti doti umane e di scienziato (a lui si devono, tra l’altro, le intuizioni che porteranno alla revisione della successione stratigrafica degli elefanti fossili della Sicilia) aggiunge quelle di infaticabile organizzatore e di educatore e formatore di nuovi e sempre piu' appassionati allievi.
Nel frattempo il museo ha continuato ad arricchirsi di nuove e prestigiose acquisizioni; viene recuperato uno scheletro completo di donna  risalente a circa 11.000 anni fa in eccezionale stato di conservazione proveniente da scavi condotti nel 1937 nella Grotta di San Teodoro vicino Acquedolci (ribattezzata Thea); si acquisiscono gli eccezionali resti fossili di tartarughe terresti provenenti dalle cave di travertino di Alcamo; si espongono  mammiferi e rettili fossili della grotta di Poggio Schinaldo (fra cui la specie nuova Lutra trinacriae); si viene in possesso di un calco encefalico naturale in travertino di Elephas falconeri (reperto unico ed eccezionale), per limitarci a citare solamente alcune delle nuove acquisizioni che giungono grazie all'opera di Burgio, dei ricercatori  e degli studenti del Dipartimento, e che portando il patrimonio del museo agli attuali oltre 600.000 reperti custoditi.
Purtroppo nel 2001 un male incurabile strappa in brevissimo tempo all'affetto dei suoi cari ed al mondo scientifico,  la  luminosa figura di Enzo Burgio; si tratta di una perdita dolorosissima che lascia nello sgomento piu' profondo quanti ebbero il privilegio di conoscerlo e apprezzarlo.
La scomparsa fa anche temere per il futuro del museo e per la sua salvezza si mobilitano numerose personalità del mondo scientifico italiano.
 
Ma il seme gettato da Enzo continua a dare i suoi frutti.
I collaboratori di Burgio e l'intero personale del Dipartimento, si stringono attorno al museo e moltiplicano gli sforzi per garantirne la sopravvivenza, certi in questo modo di tributare il migliore omaggio alla Sua memoria.
Continua l'attivita' di visite guidate e di educazione ambientale, si avviano o si rinsaldano contatti di collaborazione con altre istituzioni museali, si intensifica la partecipazione a convegni, mostre e ogni genere di manifestazioni culturali, si lavora per organizzare il grande Congresso Internazionale sul Giurassico (fortemente voluto da Enzo) che si svolgera' in settembre a Palermo con una grande partecipazioni di studiosi da tutto il mondo. Contemporaneamente continua e si intensifica l'opera di sensibilizzazione delle istituzioni e del mondo culturale a sostegno del museo.
E' cosi, in un clima di grande commozione e mestizia ma anche di rinnovato impegno, nel mese di novembre 2001, nel corso di una manifestazione che vede una partecipazione eccezionale di pubblico, il salone espositivo del museo, per volonta' unanime del Dipartimento, viene intitolato ad Enzo Burgio.
E' un gesto di doveroso omaggio alla memoria dell’uomo e dello studioso:   unendone il nome a quello di Gemmellaro, e' anche un voler accomunare simbolicamente due figure prestigiose di scienziati che, operando in  tempi e contesti diversi, hanno lasciato un segno indelebile nella vita culturale della nostra citta' e che rappresentano un modello di riferimento per le future generazioni di studiosi.
Nella sala, ubicata al piano terra, e' illustrata la storia geologica della Sicilia attraverso l'esposizione di reperti pertinenti a tutte le ere geologiche.
I fossili piu' antichi risalgono al Permiano, ultimo periodo dell'Era paleozoica. Provengono dal giacimento della Valle del Sosio e rappresentano i resti di una scogliera corallina risalente a circa  270 milioni di anni fa.
Seguono numerosi resti fossili dell'Era mesozoica (tra 251 e 65 milioni di anni fa), costituiti prevalentemente da Cefalopodi (fra i quali spiccano le Ammoniti), Gasteropodi, Lamellibranchi e Brachiopodi.
L'Era cenozoica e' testimoniata da una ricca fauna a Coralli, Echinidi e Molluschi. Sono presenti molti resti di pesci, tra i quali numerosi denti di squalo di specie di grandi dimensioni. 
I fossili piu' recenti (riferibili al Quaternario che inizia circa 1,8 milioni di anni fa)  sono costituiti prevalentemente da molluschi  tipici di ambienti marini freddi e caldi che testimoniano l’alternarsi di fasi glaciali e di fasi interglaciali .
Sempre riferibili al Quaternario, sono le prime associazioni di vertebrati fossili di ambiente continentale tra cui spicca l’esclusiva fauna di Monte Pellegrino,  risalente a circa 1 milione di anni fa, che rappresenta la piu' antica associazione faunistica della Sicilia e fossili riferiti a vertebrati vissuti in Sicilia circa 500.000 anni fa.
Nella sala sono esposti anche gli esclusivi campioni di rocce provenienti dall'isola Ferdinandea e raccolti nel 1831 da Carlo Gemmellaro durante il breve periodo di emersione.
La sala e' dedicata alla prima presenza umana in Sicilia  ed in particolare a "Thea"
Thea e' il nome dato "affettuosamente" ad uno scheletro umano proveniente dalla Grotta di San Teodoro. Custodito nel Museo geologico Gemmellaro sin dal 1937, fu cosi' soprannominato negli anni '80 quando, a seguito di nuovi studi ne fu determinato il sesso. Thea era un individuo di sesso femminile, di circa trent'anni, alto 1,65 m, vissuto nel Paleolitico superiore (tra 14.000 e 11.000 anni fa). Oggi, grazie alle nuove tecniche scientifiche e' stato possibile ricostruirne il volto.
Lo scheletro di Thea fu rinvenuto durante una campagna di scavi condotti nel 1937 nella grotta di San Teodoro. Lo scheletro.."si trovava ad una profondita' di m. 1,80-2,00 in una cavita' incisa nella parete, lunga un paio di metri ed alta 50 centimetri. Lo scheletro riposava coricato sul fianco sinistro, disteso parallelamente all'asse della caverna, con la faccia rivolta verso la parete opposta ed i piedi tesi verso l'apertura. Lo strato d'ocra correva sopra lo scheletro, e subito sopra l'ocra vi era prima uno straterello con rari carboni e selci, quindi cm. 80 di deposito costituito da ossa spaccate, selci quarziti e carboni. Poscia altri 40 centimetri di terriccio sterile, formante l'attuale piano della caverna. (Maviglia, 1941)
dodici elementi di collana costituiti da dodici canini di cervo elafo perforati, trovati insieme ai resti dell'inumato e probabilmente facenti parte del suo corredo funebre." (Graziosi, 1947)
 
Le sepolture paleolitiche della Grotta di San Teodoro, le prime e finora le uniche rinvenute in Sicilia, hanno offerto dati di eccezionale interesse per la conoscenza del  rito di inumazione dei piu' antichi abitatori della Sicilia
"Il cadavere veniva deposto in una fossa poco profonda, scavata nel suolo vergine della caverna, oppure in parte, nei lembi di focolare che incominciavano a costituirsi sul deposito di base sterile o nei suoi avvallamenti. Il cadavere era collocato lungo disteso, supino, oppure sul fianco sinistro senza un orientamento prestabilito, le braccia lungo i fianchi,il corpo era circondato, a quanto sembra intenzionalmente, di ossa di animali, di ciottoletti ed è probabile che fosse anche ornato con collane di denti di animali. La salma era appena ricoperta da un leggero strato di terra, e al di sopra della fossa richiusa, veniva sparsa dell'ocra a costituire uno straterello di circa 5 cm. di spessore, uniforme e continuo che si estendeva ininterrotto su tutte le sepolture, ma dal quale qualcuna delle inumazioni non era ricoperta che parzialmente"(Graziosi, 1947)
 
Complessivamente sono stati rinvenuti i resti appartenenti a 7 individui di cui 3 attribuiti a femmine e 4 a maschi. Le analisi effettuate sui reperti hanno messo in luce che tutti gli individui sono adulti e scheletricamente robusti. L'usura degli incisivi e' indice di un utilizzo dei denti per scopi non solo alimentari (terza mano). Gli scheletri piu' completi hanno consentito di calcolare la statura la cui media e' attestata intorno a 1,64 m. La forma del cranio e' dolicomorfa cioe' lungo stretto e alto con mandibole robuste.
 
    LA GROTTA DI SAN TEODORO
 
La grotta di San Teodoro si apre ai piedi di Monte San Fratello ed e' ubicata nel Comune di Acquedoci, in provincia di Messina. Fu scoperta nel 1859 da Francesco Anca, Barone di Mangalavite. Uomo eclettico e grande patriota, Anca effettuo' uno scavo all'interno della grotta rinvenendo, oltre ad un ricco deposito  di ossa fossili,  una grande quantita' di armi in pietra che attribui' all'opera umana. "La disposizione, la profondita', l'ampiezza, la inflessione, ed i luoghi reconditi di questa grotta potrebbero farla ritenere come una vera stazione umana permanente, dando il locale l’agiatezza di stare al coverto dagli agenti atmosferici, ed apprestando l'agevolezza di procurarsi il vitto colla caccia nei soprastanti boschi, e colla pesca nel prossimo mare; oltreche' avrebbero avuto una sorgiva di fresche, abbondanti e dolci acque a pie' della collina; donde la contrada tolse il nome di Acque dolci." (Anca, 1860)
Questa sala e' dedicata all'illustrazione di un evento particolare della storia geologica della Sicilia, quando, circa 6 milioni di anni fa, i collegamenti tra l'oceano Atlantico e e il mar Mediterraneo si interruppero e quest'ultimo si trasformo' in un enorme lago salato. Il clima piu' caldo di quello attuale favori' l'evaporazione delle acque e la precipitazioni di grandi quantita' di sali.
Si formarono enormi spessori di rocce sedimentarie di origine chimica (calcari, gessi, salgemma e sali potassici), noti come Serie gessoso-solfifera, che affiorano in modo esteso in Sicilia.
 Nella sala, oltre ad una ricostruzione degli eventi geologici che portarono alla deposizione della serie gessoso-solfifera, sono esposti splendidi esemplari di cristalli tipici di questa serie tra cui calcite, aragonite,  celestina, gesso,  salgemma e zolfo, provenienti dalle zolfare siciliane.
 Di eccezionale interesse e' un cristallo di gesso contenente una goccia di acqua dell'antico mare Mediterraneo di oltre sei  milioni di anni fa.
La sala e' dedicata agli elefanti nani che popolarono la Sicilia durante il Pleistocene medio-superiore, tra gli 500 e 120 mila anni fa.
Gli elefanti giunsero nell'isola dalla penisola italiana a seguito delle variazioni climatiche che, provocando oscillazioni del livello del mare, portarono alla formazione di "ponti" consentendo il popolamento della Sicilia con successive ondate migratorie.
In quel periodo la popolazione animale dell'isola era costituita da elefanti, ghiri, tartarughe, ippopotami, cervi, buoi, bisonti, orsi, lupi, iene, leoni.
L'alternarsi di periodi di connessione con periodi di spiccata insularita', provocando  il variare delle condizioni ambientali, determinarono vistose  forme di adattamento portando al gigantismo di alcune specie e  al nanismo di altre.
Il caso piu' vistoso di nanismo ha riguardato gli elefanti, che hanno dato origine a due specie caratterizzate da taglia ridotta. Il gigantismo ha invece interessato piccoli roditori e tartarughe.
Nella sala, oltre alla ricostruzione della filogenesi dei proboscidati, illustrata con modelli in scala 1:5, sono esposti esemplari elefantini di taglia ridotta, tra cui un esemplare completo di Elephas mnaidrensis, montato in connessione anatomica. Un reperto unico e' costituito da un calco encefalico naturale in travertino di elefante nano.
 
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