«Io mi svegliai solo a metà; sentii il terremoto quasi sognando. La mia prima impressione fu di trovarmi in un treno quando esce dalla stazione e che si va sempre più accelerando... Poi mi ricordai che mi trovavo nella mia stanza, a letto, e pensai d'avere sognato. Ma la strana vibrazione continuava, ed allora mi parve che quella vibrazione fosse dentro di me, che fosse una violenta palpitazione del mio cuore. Poi finalmente compresi di che cosa si trattava; e sentendo la rovina da ogni parte rimasi immobile, rassegnato a sprofondarmi: solo con una terribile paura di non essere subito ucciso, di dovere poi soffocare lentamente sotto la rovina...»
~ Olindo Malagodi, Calabria desolata



Il 7 marzo 2005 Cavallerizzo viene colpito da una pesante frana che distrugge gran parte delle case. 

Ma non è la prima volta che il borgo subisce fenomeni del genere: nei secoli Cavallerizzo ha sempre avuto a che fare con le frane. 
Documenti risalenti al VXII secolo attestano di movimenti franosi avvenuti nel tempo e di danni, seppur di lieve entità, subiti dalle strutture. 

Ciò dipende, almeno in parte, dalla natura della Calabria, una delle regioni con rischio idrogeologico più elevato. 

La particolarità delle frane che colpiscono questi territori è la loro lentezza.
Per questo motivo, nel corso dei secoli i numerosi cedimenti non hanno mai provocato morti: le molteplici avvisaglie consentono agli abitanti del luogo il tempo necessario per mettersi in salvo. 

È per questo che gli abitanti di Cavallerizzo non hanno mai voluto abbandonare il paese: si è sempre preferito riparare le costruzioni dai danni subiti, invece che pensare di ricostruire le case altrove. 

Un tentativo controcorrente è stato quello operato nel 1952 dall'allora sindaco, il quale propose la delocalizzazione del paese a causa della frequenza degli eventi franosi. Il progetto lungimirante non viene condiviso dalla popolazione ed è, quindi, abbandonato.

Nel 2005 i danni subiti dalle costruzioni sono ben più seri: ciò convince la Protezione Civile a imporre l'evacuazione del paese e la ricostruzione del centro abitato più a valle. 

Il nuovo paese (rinominato dagli abitanti New Town) cerca di riproporre la struttura del vecchio borgo, rispettando l'ordine di piazze, quartieri, luoghi di aggregazione... Tuttavia, oltre a non possedere la valutazione d'impatto ambientale (mai presentata!), agli occhi degli abitanti, i nuovi casermoni di cemento appaiono gelidi e distaccati, lontani da quel calore che possedevano le case in cui avevano vissuto per tanto tempo.

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