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Falling MIR (First Space Station)

Illustration
Falling Mir
(First Space Station)
20 febbraio 1986, dal sito di Baikonur, ex Unione Sovietica, il primo componente della MIR prende
quota, diventando così il primo avamposto permanentemente nello spazio con la costante presenza
dell’uomo.
Da questa data, l’essere umano lascia la terra, non solo per esplorare nuovi territori, ma per vivere
lo spazio, queste parole andrebbero lette senza enfasi, ma perquello che sono. Dei sei congegni
di aggancio, delle 135 tonnellate, della sua lunghezza totale (33 m) non rimane nulla (sembra), se
non i due luoghi, quello di origine, e quello della sepoltura, l’alpha e l’omega, l’inizio e la fine della
madre di tutte le future stazioni orbitanti, non rimane null’altro che i due luoghi… e lo spazio.
Questo studio è il risultato di una ricerca sulla Stazione Spaziale MIR ormai caduta, ed è inoltre la
seconda tappa dei dieci+uno eventi della serie “Ruins Aren’t Here”, progetto che nella sua complessità,
si propone di offrire una rilettura di natura estetica ad alcune tra le rovine più emblematiche prodotte
dalla modernità. Rovine ormai assenti nella loro forma fisica: esse sono infatti appartenenti alla
dimensione comunicativa, estranei a quella dell’architettura, dell’arte o dell’archeologia e quindi per
questo necessariamente rimosse.

Ruins Aren’t Here (a cura di Emmanuele Pilia e Barbara Martusciello)

Falling MIR (First Space Station)
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