V A L E N T I N A B R O S T E A N's profile

Fables / Illustrations for children's books

 
Lettera ad una figlia ritrovata ed altre storie...
Letters to the lost & found daughter and other stories..
 
Racconti di Ramona Parenzan/ story by Ramona Parenzan
Illustrations by Valentina Brostean  / Illustrazioni : Valentina Brostean 
 
Illustrated children book inspired by autobiographical stories by author Ramona Parenzan
 
 
 
 
Racconto di Tunisia  e Maroko
 
 
Racconto di Macedonia
 
 
 
 
Nel paese Durese, Scudese, Scarabernese, dentro una piccola casetta color biscotto a ridosso del fosso Durosso, Scudosso, Scarabernosso, viveva una vecchia durecchia, scudecchia, scarabernecchia con il suo inseparabile pesciolino blu, Rino durino, scudino, scarabernino. La vecchia durecchia, scudecchia, scarabernecchia indossava delle piccole ciabattine color carminio e amava cucinare delle vere prelibatezze: passatelli in brodo, cappelletti, brodetto di pesce, carne pasticciata e pizze di Pasqua.Nei fossi del paese Durese, Scudese, Scarabernese vivevano delle piccole balene dai diversi colori. La piccola balena Berta, color magenta, viveva in una grotta color cobalto e ogni giorno, dalla casa della vecchina, sentiva provenire il profumo del suo brodetto che, che come tutti sanno, era il brodetto più buono dell’intera regione. Così, ingolosita, decise di ospitare la vecchia Durecchia, Scudecchia, Scarabernecchia per qualche giorno dentro la sua accogliente dimora. In cambio le chiedeva soltanto di insegnarle a cucinare le sue specialità. Ma la vecchia Durecchia, Scudecchia, Scarabernecchia, per dispetto le insegnò le ricette con gli ingredienti sbagliati: passatelli con le uova verdi, pizza di Pasqua con lo zucchero al posto del sale e inFine, brodetto alle meduse..
 
 
 
La piccola balena Berta, ben presto si spazientì e decise di rimandare la vecchia Durecchia, Scudecchia, Scarabernecchia sulla terraferma. La nostra vecchina, che era antipatica, ma non insensibile, ci rimase proprio male, pianse per qualche istante e poi decise: preparò un grande banchetto e invitò forestieri e compaesani ad assaggiare le sue prelibatezze. Mentre la gente masticava con vigore e godimento il cibo, la vecchia Durecchia, Scudecchia, Scarabernecchia malediva quella lacrima che l’aveva ingannata aprendo la sua cucina a tutta quella gente. Così si allontanò borbottando, con il volto rosso rosso fuoco: Se magnen la roba mia cum el sol quand c'é la nev, bevne l'oli mia cum s'fossa d'lora, Sta gent ha da murì d'fam!
 
Quando tornavo a casa erano sempre insulti e parolacce. Mia mamma mi difendeva sempre e così anche lei prendeva botte e cinghiate. A casa non si viveva bene. Mio padre beveva e alzava le mani con tutti. Ho cominciato a lavorare a tredici anni: facevo i 3mestieri a casa per quattro zittelle. Ricordo molto bene che mi facevano lavare i piatti con la cenere e poi dovevo passare la cera accovacciata in ginocchio sul pavimento rosso in cotto.
Avevo solo tredici anni ed ero costretta a farlo per mantenere la mia famiglia.
Mio padre faceva il contadino. Era molto severo e si comportava con me e con i miei fratelli come un padre padrone. Io amavo andare a ballare e quando lui lo scopriva mi riempiva di 2botte. Io non avevo paura, scappavo e andavo comunque in discoteca. Mi piaceva molto vestirmi bene, avevo i capelli lunghi mossi e biondi. Portavo la minigonna ed ero la piu desiderata del paese.
Non appena terminò la frase, il tavolo si riempì di pietanze e bevande e cominciò addirittura a piegarsi per il peso di tutto quel cibo. Il pigro Jovan e sua madre mangiarono così tanto che quasi non riuscivano più a rialzarsi da tavola.
Senka capì subito che le uova erano sode e disse al padre, tranquillizzandolo, di andare a riposarsi e che avrebbe pensato a tutto lei. Poi, mentre suo padre riposava, mise sul fuoco una pentola con le fave.
La nonna lo aveva osservato sin dalla prima operazione, e così, sorridendo bonariamente gli dice:“ Penso proprio che tu ora abbia imparato una utile lezione! Ora vengo ad aiutarti e insieme cucineremo una pagnotta bella, profumata e rotonda come il sole!”. Questa storia insegna a tutti i bambini (ma non solo) che è molto importante valorizzare lo sforzo del lavoro altrui, soprattutto quando questo sforzo viene fatto da qualcuno che ci vuole bene, come per esempio i nostri genitori, i nostri nonni ma anche gli amici e gli insegnanti.
Fino ad allora abitavo a casa di mia nonna Angela, una seconda mamma. Mangiavamo insieme, dormivamo insieme e lei era la mia ombra.Poi si è ammalata ed è finita sulla sedia a rotelle. Quando mia mamma è caduta dalle scale finendo in ospedale, mia zia mi ha portato via per sempre mia nonna. Ho sofferto tantissimo la sua mancanza. Poco tempo dopo i miei genitori si sono trasferiti a Calcio, vicino a Bergamo e io ho cominciato a lavorare.
nondata dalla fantasia delle origini passavo le ore in camera a disegnare. Disadattata. Il freddo dentro, la voglia di assomigliarmi sempre di più e la tua ombra pungente.
Fatica a non sognare quando ti obbligano a tenere gli occhi aperti sul mondo. Negli anni la paura del vuoto che ti costringe a divorare e a sputar fuori. Per non distruggere. Distruggendoti. A poco, a poco. Vieni vicino, ti racconto una storia: non sono lontano da quello che senti. Ascolta. Il mondo è favoloso. Il mondo è panico. Il mondo è pesante. Io voglio solo pensarlo, sognarlo, leggerlo, disegnarlo, addormentarlo, mangiarlo, cancellarlo. Nuotarlo. Tienimi, non mi lasciare. Almeno per ora. Il mondo l’ho attraversato più tardi. Immenso e indecifrabile nei dialetti e nelle storie di vita dei miei studenti migranti, nelle loro facce assorte e sorridenti. Il mondo l’ho annusato nei ripetuti viaggi nei balcani. Cercavo conferme nel sentirmi sempre irrimediabilmente slava e rom. Il mondo da dentro l’ho respirato, cantandolo nella musica zingara. In estasi, quasi, le fredde notti di luna a Kragujevac, abbracciata a lui. Fingevo?: “Volim te, volim te mnogo, ne lazem, ne”. (ti amo, ti amo tanto, non fingo, no). 
Io non ho mai smesso di lavorare, dovevo mantenere i miei e il mio bambino. Andavo in cascina, pulivo le mucche, mungevo, riempivo le budella per fare i salami e poi lavoravo al bar.
4Lì ho incontrato tuo padre: un uomo robusto, biondo, molto elegante. Ricordo che aveva i baffi, una grossa macchina e un foulard di seta bordò con delle fantasie azzurre. Un giorno, al bar, mentre servivo dietro il bancone, mi chiede se volevo andare con lui a fare un giro
Ora sono qui a guardare le tue foto, tu che mi assomigli, come l’altra mia mamma. Entrambe abitate dal dolore. Entrambe come due parti del mio corpo. Diversissime. Ma il mio corpo non è finito. La terza parte è sua. Quella più vissuta, quella meno immaginata. Quella più erotica.
La terza parte appartiene a quell’uomo assente, a quell’uomo di baffi e di vento.
Quell’uomo spinto soltanto da viscere che mi tiene aggrappato a sé da una vita.
Per questo, in fondo, odio gli uomini. Vorrei fare a meno di loro. Non posso. C’entra con il desiderio e con la mancanza. Mancanza di lui che in fondo sono io. 
Zingara, amante del vento e delle partenze. Un pò come loro. Un po’ come te.
Nessuna paura, no, a solcare le onde: annaspare, risalire, dipingere viaggi. Quasi in apnea. La stessa danza colorata di sempre.
A chi assomigli? A chi assomiglia tuo figlio?.
Ma Perché assomigliare a qualcuno?. Io non assomiglio. Noi non assomigliamo.
Esistiamo.
 
Da quando ho saputo di essere stata adottata mi sono immaginata una zingara, figlia di un uomo baffuto, un vlacco, un brigante delle montagne montenegrine. Intrepido e valoroso al contrario. Un contrabbandiere. Da qui l’anarchia e il desiderio di sfidare le regole. Illogica, sregolata. Assente. … Innamorata. Dentro, da dentro, s-radicata. Perché hai studiato filosofia? Troppe domande. Non trovo. Non voglio radici, le desidero troppo, né, tantomeno risposte. Voglio soltanto dei fogli. Il desiderio pulsante e vitale di narrare la vita e renderla rosa. Voglio l’acqua soltanto, azzurra e sensuale dimora. Erotica?. Lo sono. E anche più dell’erba e del mare. Raccoglimi.
Da dove vieni, di dove sei?... Le solite domande. Ripetute. Ansia. Insistente voglia di tutti - la mia - di conoscere le provenienze. Io e i migranti. Abbracciati dallo stesso destino. La mia però è vocazione felice all’esilio: tensione costante alla libertà. Precipizio.
“Djielem , Djielem lungone dromenza”, recita una fortunata canzone rom:
“Andavo andavo, lungo le vie del mondo…”.  
Maledetta vlacca delle montagne: rom. Rom come Ramona, rom come rame, materiale di cui sono fatte le strade del mondo, le canzoni. I sogni. Rame come la collana e l’anello che porto con me,rame come l’orlo infinito dei viaggi.  Io e mio figlio, color dell’ambra e del sole, mano nella mano.  Lungo le vie del mondo....
 
Thank you for the attention!:)
Fables / Illustrations for children's books
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Illustarted children book inspired by autobiographicla stories by author Ramona Parenzan.

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