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Il rito della provincia

Rito della provincia

Invito
Dalle strade rattoppate della provincia, guarderemo negli occhi i gatti sguerci che sbucano dalle fioriere, prenderemo in giro le ville di gusto arcaico e ridotta scala strette l’una sull’altra agli angoli degli isolati. Cercheremo volti nell’intonaco sgretolato e ci spaventeremo quando saranno le teste in bassorilievo che si sporgono dalla sommità dei portoni realmente antichi a guardare noi. Saluteremo con dei molli buonasera i vecchi seduti nelle sedioline di plastica bianca o verdone intenti a guardare la tv dalla strada, che potrebbero non averci sentiti, o non averci visti. Senza aspettarci nulla in cambio. Rivolgeremo un cenno anche alle piante grasse a guardia delle finestre dei piano terra, alle madonne bizantine imprigionate nei loculi scavati nei muri in cambio di qualche lume o fiorellino. Seguiremo con la coda nell’occhio le file scomposte di ragazzini in bici e in canotta e le loro voci già pesantemente caratterizzate fino a che non si dissolvono in echi. A questa velocità il mondo è fitto e anche gli andamenti tremuli delle scritte a pennarello nero sulle cassette postali tracciano dei percorsi. Sai, da certi indizi si può capire lo spirito di un quartiere. Non ci aspetteremo niente in cambio.
Passeremo in rassegna le locandine stracciate di eventi di due anni fa: sagre e commemorazioni funebri. Nessuno passa mai da qui in fondo. Apriremo un dibattito. Senza aspettarci nulla, in cambio. Alleneremo i polpacci e testeremo i dischi vertebrali su e giù per i marciapiedi sconnessi, ma tieni il passo, a casa ho dei cerotti.
Dammi la tua mano ora appiccicaticcia per l’afa o per il gelato di prima: attraverseremo insieme questa strada. Quando da piccola dovevo andare al catechismo la facevo tutta correndo, mi sembrava una questione di vita o di morte. Stasera si farà ad occhi chiusi. D’altronde, non ci aspettiamo nulla. Le strisce pedonali sono sbiadite da dieci anni e il lampione lampeggia di arancione sul fondo della notte.
E una volta arrivati dall’altra parte, seguiremo i fili della luce che corrono sugli esterni alle case in direzione della campagna, dove pesteremo il buio. L’erba secca punge un po’ le gambe e devi fare attenzione ai sassi di pietra calcarea, ma è tutta vita che lavora, abbi rispetto. Ora possiamo guardare le stelle, che sono uguali per tutti gli occhi, ma da qui si vedono meglio.

Chiusura, ritorno, esplicitazione
Una volta tornati a casa, il karaoke di musica leggera di altri tempi che satura l’aria dei tre isolati adiacenti ci costringerà per l’ultima volta per questa giornata a dividerci sull’amarla o odiarla, la provincia.
Io faccio entrambe le cose allo stesso tempo da circa venticinque anni.

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