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Twenty-First Century Freak Show


Diane Arbus ci ha mostrato un pezzo di mondo tutt’altro che ordinario. Con la sua macchina fotografica e il suo occhio acritico, ha saputo scavare nelle vite dei suoi soggetti raccontandone gli aspetti più controversi senza pietismo alcuno.
Diane Nemerov, questo era il suo vero nome prima che sposasse Allan Arbus, marito e collega di lavoro con il quale fondò la Diane & Allan Arbus, un’ azienda che produceva fotografie per riviste di moda come Vogue e Seventeen. Entrambi però, non amavano quel tipo di vita professionale, così quando suo marito si iscrisse ad un corso di mimo, lei iniziò ad andare in giro a fotografare liberamente.
Dalla sua formazione con Lisette Model,  fotografa austriaca che insegnava alla New School di New York, Diane imparò ad esplorare ciò che non aveva mai esplorato prima e a fotografare coloro che più temeva.
Iniziò scattando a distanza di sicurezza e solo più tardi passò ai primi piani; i suoi soggetti erano nani, giganti, prostitute, nudisti, artisti di strada, scambisti, travestiti, transessuali e le persone che vivevano ai margini di una società idealmente precostiuita. Il suo intento era quello di mostrare una realtà che esisteva ma era poco conosciuta, farne emergere gli aspetti più drammatici, cercando di far sentire a chiunque guardasse i suoi scatti, la sofferenza e il divario sociale di chi per una mera questione estetica, era condannato alla spettacolarizzazione. Fu la prima fotografa della sua epoca a raccontare in modo crudo e spietato una realtà che non era propriamente perfetta, al contrario, ricca di sfumature e imperfezioni.
Noi la conosciamo come l’autrice delle gemelle spettrali, una delle fotografie più famose del suo archivio, che ha ispirato il regista Stanley Kubrick per il film Shining.
Diane Arbus si suicidò nel 1971 assumendo una grossa quantità di farmaci e tagliandosi le vene dei polsi. Il suo intero archivio è conservato presso il Metropolitan Museum di New York.

Quali sono quelli che oggi definiremmo ‘freaks’?
Il primo ‘900 fu un’ epoca in cui si faceva ancora particolare attenzione all’abbigliamento e i canoni estetici che distinguevano le  “persone per bene” dagli indesiderati, erano codificati in modo rigido ed universalizzante. A tal proposito tutto ciò che andava contro l’estetica che vigeva era etichettata in modo estremamente negativo, ecco perchè, il freak show fu la suprema ridicolizzazione di quella ‘mostruosa’ casta a se’ stante che oggi ricordiamo con il nome di freaks.
Anche l’estetica della società attuale continua ad essere estremamente volta all’aspetto esteriore; viviamo in un mondo ossessionato dalla forma fisica, dalle apparenze, dalla moda del momento. Si è costantemente alla ricerca della perfezione: labbra perfette, dentatura perfetta, corpo perfetto, make-up perfetto, outfit perfetto. La bellezza del corpo è un culto e tutti quelli che non ce l’hanno sono esclusi.
La nostra è una società che fa riferimento ad immagini-idolo, una cultura fatta di modelli e icone generati dal mondo della pubblicità, dello sport, dello spettacolo, della televisione e talvolta è difficile non lasciarsi trascinare troppo. Se dovessimo associare alla parola ‘freak’ un’immagine quanto più vicina alla nostra realtà, basterebbe pensare a quella delle innumerevoli trasmissioni televisive - come ‘Body Bizarre’ - che raccontano storie di vita di pazienti affetti dalle più incredibili invalidità e l’impatto che hanno avuto sulla psiche e sui rapporti umani di questi ultimi. Nel guardare questi programmi ci rendiamo subito conto che abbiamo di fronte un circo Barnum dei giorni nostri, e ogni puntata a cui assistiamo è quasi come assistere ad un nuovo freak show, la vetrina in cui i “diversi” sono esposti ai “normali” affamati di curiosità.
La sottocultura bizzarra ma spietatamente autentica dei freaks non è mai morta, oggi assume innumerevoli forme. 
L’ editoriale dal titolo "Twenty-First Century Freak Show" racconta proprio di questo, mostrando solo in minima parte alcune delle cose che nella società contemporanea, sono oggetto di sguardi indiscreti per la loro inconsuetudine.
Una donna che non segue il contorno delle sue labbra nel truccarsi, è strana. Un uomo che sfoggia lo smalto sulle unghie, è poco virile. Un uomo che sposa lo stile Genderless, è omosessuale. 
Una donna anziana che veste in modo eccentrico, è ridicola.

E allora perchè ci sentiamo così attratti dall’osservare o commentare un certo tipo di persona?
La bruttezza e la stranezza inducono quasi “naturalmente” l’altro alla sopraffazione: è una legge che vige nel mondo da sempre, poichè il ‘senso comune’ vuole che il ‘diverso’, venga normalizzato.
Siamo continuamente mossi da curiosità e dissenso, e criticare le vite altrui, spesso, è l’unico modo che conosciamo per sentirci appagati.
Twenty-First Century Freak Show
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