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Sofferenza arborea / Tree suffering

Questo progetto punta a sensibilizzare lo spettatore sulle questioni ambientali, nello specifico per quanto riguarda la deforestazione. Esso consiste in alcune sculture ambientali, realizzate in creta direttamente in loco su un albero, in uno spazio pubblico, quale potrebbe essere una piazza nella quale siano presenti degli alberi. Queste sculture non infieriscono in alcuna maniera sull'albero né lo modificano, la creta reagirà agli agenti atmosferici degradandosi, spaccandosi e infine fondendosi con la terra, svanendo. In questa installazione gli alberi stessi, umanizzandosi, esprimono tutto il dolore e la disperazione per l'attuale situazione. Una situazione tragica, che peggiora di giorno in giorno e che colpisce la qualità della nostra vita.
 
L'Europa risulta essere il maggiore 'consumatore di foreste' al mondo. Tra il 1990 e il 2008 le attività di società e industrie europee hanno portato alla perdita di almeno 9 milioni di ettari di superficie boschiva, colpendo soprattutto paesi come il Sud Est Asiatico e l'Amazzonia.
A livello globale, la situazione peggiora, con la perdita di 13 milioni di ettari di foreste l'anno. Le foreste primarie – vale a dire quelle foreste senza tracce visibili di attività umane passate e presenti – rappresentano il 36 % del totale, ma vengono distrutte o modificate al ritmo di 6 milioni di ettari all'anno a causa della deforestazione o dello sfruttamento selettivo delle foreste.
I dati più allarmanti provengono dall'Amazzonia, la più grande foresta pluviale del mondo che tra l'agosto del 2012 e l'aprile del 2013 ha perduto una superficie di 606 chilometri quadrati. Per farsi un'idea di quanto possa essere grande si dovranno immaginare 300.000 campi di calcio l'uno accanto all'altro.
 
Ma perché è importante salvaguardare questo patrimonio?
 
Le foreste svolgono molteplici funzioni, tra cui le più importanti sono la salvaguardia della biodiversità e la conservazione delle acque e del suolo. Esse fungono anche da serbatoi di assorbimento del carbonio. Circa 348 milioni di ettari di boschi servono per la difesa del territorio e la conservazione delle acque, per evitare il pericolo di valanghe e contrastare la desertificazione, per stabilizzare le dune sabbiose e proteggere le zone costiere.
Le foreste sono la casa naturale della biodiversità, nelle sole foreste tropicali, che ricoprono circa il 6% della superficie del pianeta si stima vivano il 50% delle specie animali e vegetali di tutto il mondo. Innumerevoli specie di flora e fauna la cui esistenza dipende interamente dalla foresta. Una ricchezza importante che deve essere presa in considerazione nel momento in cui si va a incidere sull'ecosistema per utilizzarne le risorse.
Inoltre le foreste hanno un ruolo fondamentale per il ciclo dell'acqua pertanto la deforestazione porta a squilibri climatici a livello globale, poiché influisce sulla composizione dell'atmosfera e di conseguenza sull'effetto serra.
Le foreste sono inoltre il “polmone verde” della Terra, esse giocano infatti un ruolo fondamentale nel “ciclo del carbonio”, dato che la fotosintesi clorofilliana è l'unico processo che consente di riconvertire l'anidride carbonica in ossigeno. Secondo le stime del rapporto di Stern, potremmo abbattere del 20 % la concentrazione di anidride carbonica della nostra atmosfera soltanto invertendo il trend della deforestazione in riforestazione. Ogni albero produce in media 20-30 litri di ossigeno al giorno. In particolare una foresta tropicale vergine produce circa 28 tonnellate di ossigeno per ettaro al giorno, pari ad un totale di 15.300 milioni di tonnellate l'anno.
 
Il cambio d'uso del terreno a causa della crescente domanda di olio di palma, soia, cacao, caffé e carne bovina, porta a riconvertire enormi terreni occupati da foreste naturali in piantagioni o pascoli. Oltre ad intaccare ancora una volta la biodiversità, questa pratica aumenta l'erosione del suolo e limita di molto la sua capacità di trattenere acqua, favorendo in questo modo la perdita di produttività del terreno e aumentando la possibilità che lo stesso desertifichi.
“Grade a choiche? Solutions for Deforestation-Free Meat” è uno studio che conferma lo stretto nesso tra carne e deforestazione. La domanda crescente di carne a livello mondiale ha portato all'abbattimento di grandi aree boschive non solo per i pascoli, ma anche per le coltivazioni di soia, mais e altri vegetali utilizzati nell'alimentazione di bovini, ovini e suini.
Il 60 % dei campi agricoli mondiali sarebbe destinato alla produzione di carne, che determina però solo il 2 % del consumo di calorie del pianeta. Tale produzione è spesso inefficiente perché in media servono 10 chili di grano per produrre 1 chilo di carne, e soprattutto inquinante, perché specie come i bovini generano grandi quantità di gas, metano e CO2, dai loro rifiuti fisiologici.
Un'alternativa sarebbe di preferire le carni bianche, infatti gli effetti degli allevamenti di polli, sarebbero più contenuti. Infatti lo studio riporta che: “ Produrre carne, in particolare di manzo, richiede grandi quantità di terreno. Il consumo globale di carne è cresciuto recentemente negli anni e la gran parte dei nuovi campi destinati alla produzione di carne deriva dall'abbattimento delle foreste tropicali. Questa tendenza sta spingendo alla deforestazione e contribuisce in modo significativo al surriscaldamento
globale.”
 
Un'altra problematica riguarda la palma da olio che è una pianta che cresce spontanea principalmente in alcune aree africane, dalla quale le popolazioni locali ne ricavano l'olio che usano nella propria dieta molto povera di grassi. A partire dai primi anni '90 la palma da olio è stata monopolizzata dalle multinazionali, pressando i governi di questi paesi affinché ottenessero i terreni nei quali far crescere favorevolmente questa pianta. Paesi come Indonesia, Malesia, Papua Nuova Guinea ma anche Honduras, Brasile, Costa d'Avorio e Gabon hanno ceduto a queste corporazioni terreni comprendenti foreste pluviali, come quella del Borneo, ricche di biodiversità e indispensabili per l'equilibrio climatico mondiale.
In questo modo, non solo ettari, ettari e ettari di foresta sono stati e vengono anche in questo preciso momento abbattuti: con la morte delle foreste anche tutte quelle tribù e quelle specie animali che le abitano rischiano la vita. Tra i terreni concessi, non ci sono solo foreste ma anche campi di contadini che da generazioni hanno coltivato in maniera naturale, per mantenerli fertili e attivi. Da citare è il caso dell'Honduras, dove i campesinos si sono ribellati, e sono ormai più di 45 anni che il governo tenta di reprimere le loro manifestazioni pacifiche tramite squadroni di polizia che intimoriscono, minacciano e a volte assassinano questi contadini.
Le coltivazioni di palma da olio sono concepite e portate avanti quali monocolture, questo fa si che il terreno non abbia il ricambio naturale di nutrimenti di cui necessita per restare fertile e porta ad un impoverimento del suolo che col passare del tempo inaridisce e contribuisce alla desertificazione.
Inoltre una monocoltura per crescere richiede un massiccio impiego di risorse idriche e agenti chimici, come pesticidi, erbicidi, ecc. fattori che contribuiscono ulteriormente al degrado del suolo.
Ultimo ma non meno importante, il trasporto di questo olio che copre svariati km, visto che viene prodotto in paesi molto lontani dal nostro, ma consumato in principalmente in Occidente, viene effettuato via mare per distanze che a volte superano i 13.000 km e ha bisogno di essere mantenuto a temperature elevate, dato che se esposto a temperatura ambiente tende a consolidarsi.
 
Un discorso simile riguarda anche la produzione di tabacco. Ogni anno nel mondo vengono sacrificati 2,5 milioni di ettari di foresta per produrre e far seccare il tabacco. Uno studio recente dell'OMS ha concluso che nei Paesi in via di sviluppo circa il 5% del disboscamento generale è dovuto alla coltura di tabacco. Nel Malawi un terzo delle foreste sono state distrutte, mentre in Tanzania ogni anno vengono abbattuti il 12% dei suoi alberi per la produzione del tabacco. Questa deforestazione accelera la distruzione del suolo, porta alla desertificazione, mette a rischio oltre 2 milioni di specie animali, mette in crisi intere comunità locali, che vivono e lavorano in queste zone.
Nelle coltivazioni di tabacco vengono effettuate in soli 3 mesi ben 16 applicazioni tra pesticidi, fertilizzanti e antiparassitari, che comportano una avvelenamento dei suoli, delle acque e degli animali. Esse portano anche intossicazioni acute nell'uomo nelle aree in cui questi pesticidi vengono usate più frequentemente, oltre ad influenzare le generazioni successive con un aumento di nascite di neonati malformati.
Le multinazionali operano nella stessa maniera per quanto riguarda anche questo settore, facendo pressioni sui governi e sulla popolazione per ottenere suoli più favorevoli alla coltivazione, oltre alla pressione pubblicitaria, ovvero vendendo sigarette senza avvertenze per la salute. Le famiglie locali spendono circa il 4-5% del loro reddito nell'acquistare sigarette togliendo denaro a beni di prima necessità.
 
Anche il cambiamento climatico contribuisce alla distruzione delle foreste, in un ciclo che si autoalimenta. Con il riscaldamento globale l'habitat ideale di molte foreste nel migliore dei casi si trasferisce verso latitudini più elevate, nel peggiore viene completamente sconvolto. In molte zone del pianeta, inoltre, l'aumento della temperatura terrestre, combinato con una minore piovosità favorisce di molto lo scaturire di incendi.
 
La situazione è tragica, ma possiamo provare a migliorare la situazione compiendo ogni giorno delle scelte, informandoci e agendo per il meglio, per noi stessi, per il mondo nella sua totalità e per le generazioni future. Come consumatori possiamo informarci e scegliere di acquistare carta riciclata da fonti certificate, prediligere prodotti locali, riducendo il trasporto delle merci e quindi le emissioni, ridurre il consumo di carne, eliminare l'olio di palma dalle nostre tavole, riducendo o eliminando totalmente la sigaretta dalle nostre abitudini. Tutto questo oltre a migliorare la nostra salute è il passo che dobbiamo fare tutti per poterci salvare, perché per ora possiamo ancora scegliere di salvarci.
 
Per concludere voglio citare le parole di David Mitchell:
 
“Perché dovremmo lottare contro l'ordine “naturale” (oh, che parola subdola e astuta!) delle cose?
Perché? Per questo motivo: un bel giorno, questo mondo dominato interamente da predatori andrà incontro all'autodistruzione. […] Nel singolo l'egoismo abbruttisce l'anima; nella specie umana, egoismo significa estinzione.”
Sofferenza arborea / Tree suffering
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Sofferenza arborea / Tree suffering

Installazione di sculture in creta Clay sculptures installation

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